BP2012 Materiali I due decaloghi di C.Re.S.Co.

Welfare dei lavoratori e sistemi di finanzamento dello spettacolo

Pubblicato il 18/02/2012 / di / ateatro n. #BP2012 , 138

Premessa

C.Re.S.Co. Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea, non è una rete, non è un sindacato, non è un circuito.
É un comitato nato a Bassano del Grappa nel settembre 2010, formato da artisti, da operatori e da strutture teatrali (festival, teatri, spazi residenziali, ecc), realtà che lavorano nella produzione e nella diffusione della scena contemporanea, diffusi e attivi su tutto il territorio nazionale.
L’obiettivo di questo Coordinamento è mettere assieme gli operatori e gli artisti italiani della scena contemporanea e farli lavorare congiuntamente per costruire un progetto e una sensibilità che siano insieme poetici e politici, necessari per continuare a creare bellezza e pensiero ma anche funzionali alla difesa della dignità lavorativa di chi opera in questo settore, al recupero di un ruolo riconosciuto per gli artisti del contemporaneo nel contesto sociale nazionale, alla crescita complessiva dei linguaggi della ricerca e dell’innovazione.
Il lavoro concreto di C.Re.S.Co. è articolato in 5 tavoli tematici, gestiti ciascuno da uno specifico coordinatore. I Tavoli di Lavoro vengono convocati costantemente durante tutto l’anno e portano avanti il lavoro di elaborazione teorica e di azione pratica utili al raggiungimento degli scopi di C.Re.S.Co.
Stiamo attivando un focus sulle relazioni internazionali, altri 4 tavoli hanno prodotto numerose iniziative e vari documenti di lavoro pubblicati sul nostro sito www.progettocresco.it.
Il tavolo sul codice etico ha redatto un documento chiamato “Assunzione di responsabilità degli operatori nei confronti degli artisti” che è il primo passaggio di un complessivo Codice Etico, vincolante per l’adesione a CReSCo.
Focus laboratorio delle idee, nato da poco tempo, sta organizzando una giornata nazionale che ci vogliamo dedicare, anche per restituire l’idea che il nostro Coordinamento non è solo un luogo di rivendicazione politica e sindacale ma un vero e proprio laboratorio di pensiero poetico sul contemporaneo. Quindi, tutti assieme, nello stesso giorno, il 21 aprile prossimo, in vari posto d’Italia, i promotori di C.Re.S.Co. incontrano il pubblico, gli artisti, i critici, gli operatori, le istituzioni; una Giornata nazionale che assume il sapore di un’epifania per raccontare tramite incontri, prove aperte, e altro, lo stato dell’arte del contemporaneo oggi. Abbiamo coinvolto in questa giornata personalità come Claudio Morganti, Silvia Bottiroli, Giorgio Rossi, e molti altri.
Un pensiero, un’azione, una prova aperta, uno spettacolo, un incontro, una festa: un gesto collettivo per mostrare le tante anime poetiche e politiche, culturali e organizzative che compongono e attraversano una parte della scena del presente che si riconosce attorno agli interrogativi sollevati da C.Re.S.Co.

Per il Focus sulla tutela dei lavoratori dello spettacolo nel 2011 abbiamo ideato RISPONDI AL FUTURO, la più grande indagine sullo spettacolo dal vivo mai realizzata in Italia, questionario realizzato con il supporto di Zeropuntotre e commissionato alla Fondazione Fitzcarraldo di Torino, centro indipendente di ricerca e formazione nel management e nelle politiche della cultura, per rilevare le modalità di lavoro degli operatori dello spettacolo dal vivo italiani e le caratteristiche strutturali degli organismi di gestione.
Il questionario ha avuto uno straordinario successo, avevamo bisogno di 1.000 questionari per mappare l’1% dei lavoratori dello spettacolo (è una cifra minima, necessaria a rendere valida un’indagine statistica), ne sono stati compilati 1.122.
Si tratta di una ricerca che, per la prima volta, offre un panorama completo e rappresentativo del settore dello spettacolo dal vivo e del teatro, in Italia. Emergono le caratteristiche di un settore, quello dello spettacolo, definito per antonomasia “atipico” ma con elementi di criticità ben più drammatici di quello che si poteva prevedere. Vi rimandiamo alla consultazione dei risultati, pubblicati sul nostro sito, segnalando solo un dato allarmante: nell’ambito della scena contemporanea, ci sono migliaia di lavoratori, tra l’altro con un livello di scolarizzazione altissima, che sopravvivono con livelli di retribuzione media vicini alla soglia di povertà.
Dopo la raccolta di questi dati e l’impressionante fotografia che ne emerge, C.Re.S.Co. è impegnato a lanciare una forte azione a tutela dei lavoratori dello spettacolo, offrendo alla politica proposte e possibili soluzioni per dare sviluppo e crescita a un settore fondamentale per la qualità della vita del Paese.
Abbiamo quindi presentato i risultati il 25 novembre presso l’Opificio Telecom Italia nell’ambito della XXVI edizione di Romaeuropa Festival alla folta presenza di artisti, economisti, sociologi, giornalisti, politici, sindacalisti. Abbiamo inviato i risultati ai responsabili cultura di tutte le forze politiche del Paese, l’abbiamo presentata a Napoli a Torino, e ora la presenteremo a Perugia il 2 marzo, a Bergamo il 4 marzo e a Pisa il 23 marzo. La presentazione di Pisa prevede l’intervento di Ivan Ferrucci, responsabile lavoro del pd Toscana, di Maria Grazia Gatti, deputato membro della Commissione Lavoro della Camera e Paolo Graziani, presidente del comitato regionale Inps Toscana.

Terminato il lavoro sul questionario il tavolo per la tutela dei lavoratori dello spettacolo ha redatto un altro documento, inerente ad una serie di linee guida necessarie per una riforma della normativa sulla tutela degli oltre 130.000 lavoratori dello spettacolo attivi in Italia.
Attraverso la formula sintetica di un Decalogo, C.Re.S.Co. enuncia i dieci principi di cui un’auspicata Legge sulla tutela dei lavoratori dello spettacolo dovrebbe tenere conto.
Questo Decalogo è adesso in mano del ministro Fornero, del suo viceministro e del suo sottosegretario, nonché dei presidenti e vicepresidenti delle commissioni lavoro di camera e senato, perché diano a esso attuazione attraverso specifici strumenti legislativi e normativi. Ovviamente li talloneremo per ottenere esiti concreti, a partire dal miglioramento di quel Testo Unico sul Welfare per i Lavoratori dello Spettacolo che (per fortuna… visto che non migliora di molto l’esistente) adesso è bloccato in commissione Lavoro alla Camera.
Mi piacerebbe entrare nello specifico delle nostre dieci proposte, ma certo non è questa la sede: allego il documento in calce a questa relazione o vi invito a consultarlo sul nostro sito. In sintesi, quelle che facciamo sono dieci proposte argomentate – e soprattutto sostenibili – sui temi del sostegno al reddito, della maternità, degli infortuni, della pensione, della reversibilità, e altro. Tutte proposte che partono dallo studio analitico delle normative vigenti, argomentate nel dettaglio, con idee ispirate anche a sistemi stranieri, come quello belga o francese, con le luci e ombre del caso…
Altro tavolo è quello dedicato ai finanziamenti: anche qui abbiamo preparato un “Decalogo sui sistemi di finanziamento” che contiene dodici (non è proprio un decalogo…) specifiche e documentate proposte che, ad avviso del CReSCo, debbono essere contenute nelle leggi di riforma regionali e nazionali sullo spettacolo dal vivo.
A titolo di esempio, questo Decalogo è stata una delle basi principali con cui si è elaborata una bozza di Legge Regionale per lo spettacolo dal vivo per il Lazio. Infatti, su sollecitazione dell’assessore regionale competente, Agis-Lazio ha convocato a un unico tavolo 7 o 8 realtà rappresentative degli interessi del settore, tra cui C.Re.S.Co., e poi Cultura Bene Comune, Fnas, C.O.R.E., FederDanza, Coordinamento per lo Spettacolo dal Vivo, Voglia di Teatro. Ecco, in questo gruppo di lavoro il nostro Decalogo è stato una preziosa fonte di idee da cui poi è scaturito l’articolato che adesso dovrebbe andare in discussione in Consiglio Regionale e essere approvato senza troppe modifiche.
Questo è solo un esempio di come possa essere usato questo Decalogo, ovviamente, ma ci dà la sensazione che se riuscissimo ad attivare percorsi simili in tutte le regioni dove si sta tentando di discutere di una nuova legge sullo spettacolo (Veneto e Basilicata sono attualmente attive su questo fronte), attueremmo un percorso virtuoso in base al quale CReSCo stimola lo studio di un nucleo di operatori dello spettacolo, elabora proposte concrete e poi le rende operative intervenendo attivamente sui tavoli dove si determinano i contenuti legislativi.
Altra azione pratica è stata l’attivazione di tavoli di lavoro con MIBAC – Settore Teatro, perché anche lì si sente dire che forse verranno riformati i decreti ministeriali del 2007 che regolano l’assegnazione del FUS. Ecco, il nostro Decalogo è nelle mani dei politici e dei funzionari ministeriali addetti a tutto questo e il nostro lavoro è fare una sana pressione di categoria, perché i nostri contenuti vengano recepiti.
Anche qui vi invito a prendere visione dei contenuti del nostro Decalogo, che allego in calce a questa relazione e che potete trovare sul sito.

IL WELFARE PER I LAVORATORI DELLO SPETTACOLO IN ITALIA

IL DECALOGO DI C.Re.S.Co.

C.Re.S.Co. (Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea) ha, tra i propri obiettivi, quello di proporre una serie di linee guida necessarie per una riforma della normativa sulla tutela degli oltre 130.000 lavoratori dello spettacolo attivi in Italia e per una riforma della modalità contributiva.
Attraverso la formula sintetica di un Decalogo, C.Re.S.Co. enuncia i dieci principi di cui un’auspicata Legge sulla tutela dei lavoratori dello spettacolo dovrebbe tenere conto.
Sarà cura di C.Re.S.Co., e di tutte quelle realtà che lavorano per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori dello spettacolo, presentare queste linee guida a governanti, legislatori e responsabili dei regolamenti relativi agli enti contributivi, perché diano a esse attuazione attraverso specifici strumenti legislativi e normativi.

Lo Stato Italiano riconosce lo Statuto Sociale Europeo dell’Artista approvato dal Parlamento Europeo il 07.07.2007 e ha l’obbligo di riferirsi a esso nella stesura di qualsiasi regolamento e direttiva per i lavoratori (artistici, tecnici e amministrativi) del settore spettacolo.
Tale obbligo deve essere per legge vincolante soprattutto per l’ente previdenziale (INPS) e per l’INAIL.
In questa risoluzione, tra le altre cose, il Parlamento Europeo:
– invita gli Stati membri a sviluppare o applicare un quadro giuridico e istituzionale al fine di sostenere la creazione artistica mediante l’adozione o l’attuazione di una serie di misure coerenti e globali che riguardino la situazione contrattuale, la sicurezza sociale, l’assicurazione malattia, la tassazione diretta e indiretta e la conformità alle norme europee;
– sottolinea che occorre prendere in considerazione la natura atipica del lavoro dell’artista; – sottolinea inoltre che occorre prendere in considerazione la natura atipica e precaria di tutte le professioni sceniche.
E da qui, seguono una serie di “sollecitazioni” e “incoraggiamenti” a Commissione Europea e Stati membri, tra i quali leggiamo che il Parlamento Europeo:
– ricorda che tutti gli artisti esercitano la loro attività in modo permanente, non limitandosi alle ore di prestazione artistica o di spettacolo sulla scena;
– ricorda a tale proposito che i periodi di prova costituiscono a pieno titolo ore di lavoro effettivo e che è necessario tener conto di tutti questi periodi d’attività nella carriera degli artisti, sia durante i periodi di disoccupazione che a fini pensionistici.
Dunque, anche il diritto a un sussidio per i periodi di disoccupazione e a un regime pensionistico è previsto dallo Statuto Sociale Europeo dell’Artista.
Si veda:
Statuto Sociale Europeo dell’Artista, 07.07.2007 (Procedura 2007/2249 (INI) – Ciclo del documento A6-0199 / 2007)

In relazione alla natura atipica del lavoro nello spettacolo, i lavoratori del settore che svolgono la loro attività come liberi professionisti devono essere equiparati ai lavoratori dipendenti, anche ai fini contributivi, previdenziali, assistenziali.

Serve insomma che una legge dello Stato stabilisca che il lavoratore dello spettacolo risulta sempre equiparato a un lavoratore subordinato.
E questo vale per ogni tipo di lavoratore dello spettacolo, compresi gli artisti, sia che siano interpreti, sia che siano creatori (mentre il Regio Decreto 1827 del 04.10.1935 – ancora vigente – stabilisce esattamente il contrario, cioè che un artista, proprio perché artista, è sempre “creatore” e dunque “indipendente” e non considerabile come lavoratore subordinato! Per questo si ritiene indispensabile l’abolizione del 5° comma dell’articolo 40 del R.D. 1827 del 04.10.1935, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1155 del 06.04.1936 rifacendosi al quale, con la Circolare n° 105 del 05.08.2011, l’INPS ha escluso dai requisiti per accedere ai sussidi di disoccupazione tutti coloro che svolgono attività creative nell’ambito dello spettacolo!).
Devono essere estese le garanzie di sicurezza sociale previste per i lavoratori dipendenti a tutti i lavoratori dello spettacolo che, senza essere vincolati da un contratto di lavoro subordinato, operino come tecnici o amministrativi nel settore dello spettacolo, ovvero forniscano prestazioni artistiche e/o producano opere d’arte contro pagamento di una remunerazione da parte di datore di lavoro o di un committente, che sia persona fisica o giuridica. Il legame di subordinazione deve essere dato per assunto, senza essere dimostrato.

Tutti i lavoratori dello spettacolo, sia dipendenti che liberi professionisti, in regola con il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali previsti per il settore, devono poter godere delle indennità sociali e assistenziali di: malattia, maternità, sostegno al reddito, inabilità, invalidità, decesso, infortuni sul lavoro e malattie professionali.

Da un attento esame della ricerca prodotta da C.Re.S.Co. in collaborazione con Fondazione Fitzcarraldo si evince che più dell’80% dei lavoratori dello spettacolo dal vivo non riesce ad accedere alle indennità sociali di disoccupazione, maternità, né agli indennizzi relativi agli infortuni sul lavoro, sia perché le condizioni di lavoro nel settore sono estremamente parcellizzate, sia perché non è concesso il versamento di alcuni contributi ai lavoratori autonomi.
Di conseguenza, non c’è alcuna possibilità di accedere a tali indennità, né per molti lavoratori dello spettacolo ai quali non vengono riconosciuti come periodi di lavoro i tempi di prova o di attività accessorie (formazione, didattica, organizzazione, ecc.), né per quei lavoratori che sono costretti a svolgere la loro attività come liberi professionisti.

Devono essere attuate misure di “sostegno al reddito” per i lavoratori dello spettacolo. Poiché per un numero significativo di lavoratori dello spettacolo i contratti di breve durata (tempo determinato, a progetto, scrittura, lavoro autonomo, ecc.) sono la norma, lo Stato deve riconoscere:
– la natura strutturalmente atipica e intermittente di queste specifiche professioni;
– l’esercizio di differenti attività da parte del lavoratore nell’ambito dello spettacolo;
– la molteplicità degli impieghi e dei datori di lavoro nell’ambito dello spettacolo;
– le rendite derivate, necessariamente irregolari e aleatorie;
– di conseguenza, lo Stato deve arrivare a concedere a questi lavoratori il diritto a ricevere un sostegno costante, per tutti i giorni in cui non stanno lavorando.
Pertanto, in cambio di una più stringente disciplina dei versamenti contributivi, l’attuale sussidio di disoccupazione, attualmente riconosciuto come una tantum, deve acquistare le caratteristiche di un più stabile “sostegno al reddito”.

Al “sostegno al reddito” devono poter accedere tutti quei lavoratori dello spettacolo in grado di dimostrare un numero stabilito di giornate lavorative in un periodo precedente all’inoltro della domanda.
Tale monte-giornate può anche prevedere una soglia numerica più significativa delle 78 giornate con le quali attualmente si accede al “sussidio di disoccupazione con requisiti ridotti” (merita ribadire che la sopracitata Circolare INPS n° 105 del 05.08.2011 ha escluso da questo sussidio il personale artistico, in base al sopra citato Regio Decreto n° 1827 del 04.10.1935).
Di fronte a un’ipotesi del genere, però, bisogna prevedere:
 modalità differenziate a seconda delle fasce d’età (a chi è sotto i 35 anni, ad esempio, si potrebbe richiedere un monte di giornate lavorative inferiore rispetto ai professionisti over 35) e delle specificità professionali (si veda il caso dei danzatori);
 possibilità di concorrere al raggiungimento del monte-giornate necessario a richiedere il “sostegno al reddito” anche sommando tra loro contratti di diverso tipo, inclusi quelli con pagamento forfetario (per calcolare questo tipo di retribuzione equiparandola al sistema delle giornate basta prendere in considerazione il compenso pattuito sul contratto e dividerlo per un coefficiente numerico che corrisponda alla retribuzione di una giornata di lavoro calcolata al minimo sindacale, così da ottenere il numero di “giornate equivalenti” che possono essere conteggiate);
 istituzione di una tabella nazionale dove siano determinate la quota minima di retribuzione annua netta e lorda da percepire, per il raggiungimento del monte-giornate necessarie a richiedere il “sostegno al reddito” (detto in altri termini basterebbe fissare un tetto di retribuzione annuo, netto e lordo, raggiunto il quale è come se si avesse il numero di giornate minimo, necessario a richiedere il sostegno al reddito). 
In un coerente e sostenibile progetto di “sostegno al reddito”, è opportuno fissare un ragionevole tetto di reddito massimo sopra il quale non si possa accedere alla prestazione.

Tutti i lavoratori dello spettacolo devono poter godere dell’indennità di malattia in misura uguale ai lavoratori degli altri settori, senza alcun requisito contributivo minimo da maturarsi nell’anno precedente.

In virtù dell’abolizione dell’ENPALS stabilita dal D.L. n° 201 del 06.12.2011 successivamente convertito in Legge n° 214 del 23.12.2011 (Finanziaria Governo Monti) e in virtù del fatto che d’ora in avanti anche i lavoratori dello spettacolo verseranno i contributi previdenziali a un unico ente (INPS), si richiede che, per quanto riguarda l’indennità di malattia, i lavoratori dello spettacolo siano equiparati ai lavoratori degli altri settori, senza considerare alcun requisito contributivo minimo da maturarsi nell’anno precedente necessario per l’accesso alla prestazione.
A oggi, infatti, soltanto i lavoratori agricoli e quelli dello spettacolo vedono riconosciuto il diritto all’indennità di malattia nel caso in cui, nell’anno precedente, abbiano prestato almeno 51 giornate gli uni (agricoli) e 100 giornate gli altri (spettacolo).

Tutte le caratteristiche agevolate che, per i lavoratori dello spettacolo, regolano la concessione dell’assegno ordinario di invalidità, la pensione di inabilità, la pensione d’invalidità specifica e le norme relative ai superstiti, sinora erogate dall’ENPALS, devono essere preservate nell’attuale momento in cui l’ENPALS viene abolito e assorbito all’interno dell’INPS. Inoltre, va preservato quanto stabilito dall’INPS che riconosce l’equiparazione delle lavoratrici dello spettacolo a tutte le altre lavoratrici, per ciò che concerne l’indennità di maternità.
In base alle normative vigenti, oltre alla documentazione sanitaria che attesti il danno in questione, nonché i requisiti d’età e di reddito massimo, che sono equiparati a quelli di qualsiasi altro lavoratore, perché il lavoratore dello spettacolo acceda ai benefici previsti dall’assicurazione obbligatoria per invalidità e inabilità occorrono almeno 600 contributi giornalieri versati (di cui almeno 360 nei 5 anni precedenti il momento in cui viene effettuata la domanda), a fronte di un numero maggiore di contributi giornalieri richiesti a ogni altro lavoratore. Viene cioè riconosciuta la natura atipica e strutturalmente intermittente del lavoro nello spettacolo. È importante che tutto questo non venga a decadere nel momento che la sopraccitata Legge finanziaria del dicembre 2011 (D.L. n° 201 del 06.12.2011 successivamente convertito in Legge 214 del 23.12.2011) stabilisce l’abolizione dell’ENPALS e il suo assorbimento all’interno dell’INPS.
Allo stesso modo, va preservato quanto espresso dall’INPS nella circ. 254 del 20.09.1994, dove si afferma che anche per le lavoratrici dello spettacolo, “pur nella specificità del rapporto di lavoro dello spettacolo, caratterizzato frequentemente da saltuarietà e talvolta sporadicità delle prestazioni di lavoro, debba ritenersi applicabile il disposto dell’art. 15, 3 comma, della legge 1204/71, ai sensi del quale l’indennità di maternità non è subordinata a particolari requisiti contributivi o di anzianità”.

Tali eventuali benefici devono essere estesi anche ai lavoratori autonomi.

L’opportunità della riduzione dei costi del lavoro (carico fiscale, oneri previdenziali, oneri assicurativi) per la messa in regola dei lavoratori dello spettacolo va relazionata all’obiettivo di far emergere il lavoro non retribuito: è una misura funzionale alla promozione del lavoro stesso, che ha avuto notevole successo quando è stata applicata in altri Paesi.

Lo Stato deve istituire un registro dei lavoratori dello spettacolo, come richiesto dallo Statuto Sociale Europeo dell’Artista.
Lo Statuto Sociale Europeo dell’Artista invita infatti gli Stati membri a “creare per gli artisti un registro professionale europeo del tipo EUROPASS, previa consultazione del settore artistico”. Tale invito potrebbe essere esteso a tutti i lavoratori dello spettacolo.
In tale registro potrebbe figurare il percorso professionale di ogni singolo lavoratore, la natura e la durata dei contratti sottoscritti, nonché i dati dei datori di lavoro o dei prestatori di servizi che ne hanno favorito l’ingaggio.
L’utilità di tale registro sarebbe quella di aiutare i lavoratori dello spettacolo a presentare le proprie competenze e qualifiche in modo più efficace per trovare lavoro o maturare un’esperienza di formazione in tutta Europa, agevolando dunque la mobilità, nonché aiutare i datori di lavoro a comprendere le competenze e le qualifiche della forza lavoro, oltre che aiutare gli enti d’istruzione e formazione a stabilire e comunicare il contenuto dei programmi formativi.
L’obiettivo ultimo è riconoscere l’esperienza professionale dei lavoratori dello spettacolo, in un modello di comparazione con altri Stati. Il tutto, evitando le derive corporativistiche che hanno caratterizzato la costituzione degli albi professionali, da cui questo registro dovrebbe distanziarsi.

Lo Stato si deve impegnare all’aggiornamento delle categorie dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, della tipologia di spettacolo, delle modalità di produzione e della tipologia dei produttori, in base all’evoluzione della creazione artistica contemporanea, anche imponendolo alle agenzie dei diritti d’autore (a partire dalla SIAE).
A questo proposito si veda il risultato emerso dalla ricerca “Rispondi al Futuro” che C.Re.S.Co. ha commissionato a Fondazione Fitzcarraldo, dove si dimostra che il 26% dei lavoratori non trovano la loro corrispondenza nella qualifica ENPALS a cui appartengono, proprio a causa dell’estrema mobilità professionale all’interno del settore e della costante modifica delle caratteristiche della produzione artistica contemporanea.

Come suggerito dallo Statuto Sociale Europeo dell’Artista, si invita lo Stato a procedere a uno studio delle modalità attraverso le quali, senza prevedere un aumento dei costi, una parte delle entrate generate dal pagamento dei diritti d’autore e dei diritti connessi possa essere destinata alla protezione sociale e finanziaria degli artisti.

Proposte per dinamicizzare il settore dei finanziamenti pubblici allo spettacolo dal vivo:
risorse, percorsi, competenze

alcune misure elaborate da C.Re.S.Co.

PREMESSA
La Cultura è un settore trainante dell’economia mondiale perché produce benessere, contribuisce a costruire un contesto collettivo armonizzato ed è una parte innovativa delle società in quanto favorisce il dinamismo e il ricambio generazionale.
L’intervento legislativo e in conseguente investimento dell’Ente Pubblico in Cultura, e segnatamente nello Spettacolo dal vivo, hanno quindi il valore di riconoscere a questo ambito il ruolo che gli è proprio, all’interno del tessuto sociale ed economico internazionale, nazionale, regionale e locale.
Si vedano:
– Study on the Entrepreneurial Dimension of the Cultural and Creative Industries, ricerca promossa dalla Commissione Europea, compiuta da Utrecht School of the Arts con K2M Ltd.
– Framework for culture statistics world wide 2009, ricerca promossa da Unesco e commissionata a UIS.

LE PROPOSTE DI CReSCo

1. Ripensamento delle strutture esistenti e nuove forme di produzione da incoraggiare.
È urgente una ridefinizione del ruolo di tutti i soggetti implicati nel comparto dello spettacolo dal vivo, con azione di riordino degli obiettivi e delle risorse dell’esistente: Teatri Stabili ad Iniziativa Pubblica, Teatri di Tradizione, Teatri Stabili a Iniziativa Privata, Teatri Stabili d’Innovazione, Imprese di produzione teatrale, Gestori di sale, Circuiti, Organismi di promozione e formazione del pubblico.
È prioritario individuare modalità di finanziamento dinamiche che possano far emergere i propulsori culturali attualmente più attivi, come i Festival e le Residenze, ma senza per questo creare nuove rendite di posizione e ulteriori “ingessamenti” del sistema.

2. Riconoscimento giuridico delle “imprese culturali” e assimilazione alla categoria delle piccole e medie imprese per l’accesso ai benefici di legge.
La definizione e il riconoscimento di “impresa culturale” permetterebbe l’accesso a forme di credito agevolato e a fondi sociali regionali che garantiscano i prestiti bancari, come nel caso della piccola e media impresa. Ad oggi le “imprese culturali” non sono né definite, né regolate da una disciplina giuridica specifica. Laddove non rientrino fra le tipologie di imprese di tipo “profit”, le imprese culturali non sono considerate delle vere e proprie imprese, ma rientrano semmai nelle diverse forme delle organizzazioni “no-profit”, anche se la loro specificità non è disciplinata da apposite norme.
Un’apposita disciplina delle imprese culturali renderebbe il sistema più organico ed equo.

3. Sistema di integrazione Leggi e regolamenti comunali – provinciali – regionali – statali
Il sistema teatrale italiano risente della mancanza di “leggi quadro” che traccino le linee degli interventi (statali e regionali) in materia di spettacolo dal vivo. Considerato che non esiste una Legge nazionale sullo Spettacolo, la “normativa” italiana si presenta come una sovrapposizione di decreti, circolari, leggi regionali, che si sono succeduti negli anni, sovrapponendosi gli uni sugli altri, senza una cornice legislativa chiara utile a mettere a fuoco il rapporto tra “Imprese dello spettacolo” e Istituzioni (governo ed enti territoriali). Così non esiste una chiara differenziazione di competenze fra le amministrazioni.

Proposte :
– si ritiene impellente una legge nazionale che riconosca il valore dell’intervento pubblico nello Spettacolo dal vivo, che definisca il quadro generale di tale riconoscimento, fissi le autonomie concesse in materia agli enti regionali e definisca forme di cofinanziamento alle realtà riconosciute di valore nazionale;
– si ritiene che attraverso le leggi regionali si dovrebbero riconoscere le forme di organizzazzione dello spettacolo dal vivo più innovative, comprese le giovani formazioni, e quelle più marcatamente aderenti alle urgenze del territorio;
– si ritiene fondamentale inserire fra le funzioni delle Regioni la necessità di attivare un coordinamento con gli Enti privati che operano in ambito regionale nel settore dello spettacolo (fondazioni bancarie e filantropiche) superando le contrapposizioni, ormai anacronistiche, fra intervento pubblico e privato, per una migliore e più efficace gestione degli interventi.

4. Trasparenza nelle procedure di assegnazione delle risorse
C’è un problema, non solo italiano, di trasparenza nelle valutazioni per l’assegnazione dei contributi.
Nel caso nazionale, i fondi del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) sono assegnati da specifiche Commissioni che redigono ogni anno una griglia di valutazione con i “criteri di qualità” per l’assegnazione dei contributi ai soggetti richiedenti ma, al termine della valutazione, si può leggere solo l’ammontare dei contributi concessi e non viene pubblicata alcuna tabella con i punteggi ottenuti dai soggetti, per cui non è affatto garantita la trasparenza delle valutazioni. Infatti, influssi politici e pesanti “ingessamenti” dovuti alla tutela dei finanziamenti storicizzati hanno creato un immobilismo ormai evidente nell’assegnazione di queste risorse.
A livello regionale, non esistono criteri di valutazione univoci o parametri condivisi tra le varie Regioni e la frammentazione delle diversi leggi regionali rende possibili profonde discrepanze nella distribuzione delle risorse. Per di più, a livello locale è rarissimo che vengano adottate delle tabelle valutative sulla base di parametri precisi (fa eccezione il caso esemplare della Toscana) e il finanziamento è spesso lasciato alla totale discrezionalità dei funzionari e delle personalità politiche.
Si sottolinea, perciò, la necessità di accelerare lo studio in atto presso il Ministero (progetto Orma) che vuole mappare le diverse tipologie di bandi regionali per riuscire a uniformare il sistema italiano.

L’assegnazione dei contributi, sia quelli concessi dallo Stato, che quelli concessi da Regioni e Comuni, deve avvenire attraverso bandi e/o avvisi pubblici che abbiano una procedura chiara, nei quali siano illustrate pubblicamente le tempistiche e le modalità di accesso ai finanziamenti. Devono esserci bandi reclamizzati con metodi inequivocabilmente chiari, con team di aiuto per la compilazione e con date di scadenza certe e fissate.
La regolarità dei bandi è un elemento che costituisce stabilità del sistema.

Non deve essere il livello politico a determinare la valutazione dei progetti ma devono farlo specifiche Commissioni, formate da personalità di riconosciuta competenza, che devono poter agire in completa autonomia e in posizione di sussidiarietà con l’Ente pubblico.
Caratteristiche di tali Commissioni dovrebbero essere:
a) Durata delle Commissioni almeno pari al periodo di assegnazione delle risorse;
b) Specifica preparazione dei membri delle Commissioni accertata tramite procedura pubblica di reclutamento e pubblicazione dei curriculum dei membri selezionati;
c) Differenzianzione tra tali Commissioni e le eventuali Commissione Consultive (Consulte) che l’Ente intende istituire, dove sia chiaro che le Commissioni si occupano di valutazione dell’attività dei soggetti richiedenti e di assegnazione di risorse e devono essere composte da soggetti non in conflitto d’interesse, mentre le Commissioni Consultive si occupano di politiche d’indirizzo e devono essere composte dai soggetti che operano con propri interessi nel settore di riferimento;
d) Pluralità dei membri

Elena_Lamberti

2012-02-18T00:00:00




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