Compagnia Scimone Sframeli 1994-2014: per una cronologia drammaturgica
I vent'anni della compagnia siciliana festeggiati a Taormina Arte
Vent’anni fa al Palacongressi di Taormina debuttava la Compagnia Scimone Sframeli con lo spettacolo Nunzio, per la regia di Carlo Cecchi. Quest’anno Taormina Arte, ERSU Messina, Universiteatrali e Latitudini, per volontà della compagnia, celebrano questa “giovinezza” con un appuntamento unico che vede in scena, nello stesso luogo originario, dal 18 al 31 luglio tutte le sette opere fin qui realizzate dalla compagnia. Sono già andate in scena Nunzio e Bar rispettivamente il 18 e il 19 luglio. Il 31 ci sarà un incontro dedicato, nel quale interverranno studiosi ed esperti di teatro quali Marco De Marinis, Gerardo Guccini, Jean Paul Manganaro e Dario Tomasello; interverranno inoltre direttori di festival teatrali, critici e operatori teatrali.
Ripercorriamo l’itinerario drammaturgico che ha distinto la poetica di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, mediante citazioni rappresentative dalle opere e brevi note critiche.
DA NUNZIO:
PINO Possu pinsari cu’ ttia?
NUNZIO Sì. Ma non pinsari chiddu chi pensu jo.
PINO No jo pensu a ’n’autra cosa.
NUNZIO Pinsasti?
PINO No ancora no.
NUNZIO Jo già pinsai.
(PINO Posso pensare con te?/ NUNZIO Sì. Ma non pensare quello che penso io./ PINO No io penso a un’altra cosa/ NUNZIO Hai pensato?/ PINO No ancora no./ NUNZIO Io ho già pensato.)
Prima rappresentazione: Taormina Arte, Palazzo dei Congressi, 9 agosto 1994. Regia di Carlo Cecchi. Interpreti: Francesco Sframeli e Spiro Scimone. Produzione Compagnia Scimone Sframeli. Premio IDI Autori Nuovi 1994, Medaglia d’oro IDI per la drammaturgia 1995.
È lo stesso titolo a suggerire l’avvento di una novità, inglobata nel nome di uno dei due protagonisti. Nunzio, ovvero “annunciato”, evoca quella annunciazione sacra che ritratta da Antonello da Messina, ben esemplifica l’eredità artistica di una città, con cui la compagnia intende battezzare il debutto drammaturgico. Tuttavia lo scenario che si presenta è di decadenza. La sinestesia dello spettacolo è fatta di odori, di musiche che inchiodano in una dimensione surreale e schiacciante, la lingua è quella della terra d’appartenenza, dei sapori che resteranno anche nella versione cinematografica del dramma del 2002 dal titolo Due Amici.
DA BAR:
PETRU Fra un po’ arriva Gianni.
NINO A c’ura t’i dissi chi vinìa?
PETRU A chiusura
NINO Quali chiusura?
PETRU A chiusura du bar.
NINO Non ti desi l’appuntamentu cu’ ll’orariu precisu?
PETRU Gianni non dugna mai l’appuntamentu cu’ ll’orariu precisu.
NINO Picchì?
PETRU Così non arriva mai in ritaddu.
(PIETRO Fra un po’ arriva Gianni/ NINO A che ora ti ha detto che sarebbe venuto?/ NINO Alla chiusura/ PIETRO Quale chiusura?/ NINO Alla chiusura del bar/ NINO Non ti ha dato un appuntamento con un orario preciso?/ PIETRO Gianni non dà mai appuntamenti con un orario preciso/ NINO Perché?/ PIETRO Così non arriva mai in ritardo.)
Prima rappresentazione: Taormina Arte, Palazzo dei Congressi, 9 gennaio 1997. Regia di Valerio Binasco. Interpreti: Francesco Sframeli e Spiro Scimone . Produzione Compagnia Scimone Sframeli. Premio UBU “Nuovo autore” e “Nuovo attore”.
In Bar ritroviamo due protagonisti ma stavolta a unirli c’è una diversa motivazione, non si tratta di un’amicizia, come nel caso di Nunzio, ma di un luogo fisico. Il bar in cui si ritrovano Petru e Nino diviene pretesto per un consumo del tempo condiviso. Dialoghi serrati e apparentemente privi di senso, incarnano una filosofia della rassegnazione, che dirige la speranza salvifica dei personaggi in un impiego da barista. Ricorre inoltre la “mutanda” di una donna con cui si è fatto sesso, che viene incestuosamente indossata dalla propria madre.
DA LA FESTA:
LA MADRE Tua nonna, prima di morire mi disse: Prenditi il mio cappello, non dimenticarti mai di me, prenditi il mio cappello. Quale le dissi? Perché tua nonna aveva tanti cappelli. Quale cappello mi devo prendere, mamma, per non dimenticarmi di te? Quello rosso, mi disse, quello rosso … e morì. Tua nonna era famosa per nascondere i cappelli e non fu facile trovare quel cappello rosso. Per dieci anni, cercai quel cappello rosso, fino a quando una notte, la sognai. Sognai tua nonna, rideva, e nel sonno, ridendo, mi disse che non aveva mai avuto un cappello rosso.
Prima rappresentazione: Orestiadi di Gibellina, Baglio delle Case Di Stefano di Gibellina Nuova, 1 settembre 1999. Regia di Gianfelice Imparato. Produzione Compagnia Scimone Sframeli in collaborazione con Fondazione Orestiadi di Gibellina. Interpreti: Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Nicola Rignanese.
La festa è una opera che ritrae un interno di famiglia dai tratti crudeli in cui l’ipocrisia e una fantomatica “festa” per l’anniversario di matrimonio dei coniugi protagonisti non si consuma mai. Attraverso l’evocazione di tipologie di torte e di regali, della donna giusta per il figlio Gianni, dei tradimenti del padre, si dirama una quotidianità claustrofobica, ben esemplificata dal quadrato bianco dentro il quale si muovono gli attori. Solo alla fine verrà stappata una bottiglia di spumante in questo carcere casalingo in cui «piove anche quando c’è il sole».
DA IL CORTILE:
UNO […] Era coraggioso mio padre e per fare sempre più pena si è fatto tagliare a pezzi! Io non voglio farmi tagliare a pezzi! Per questo io il braccio non l’ho mai tagliato. Io il braccio l’ho sempre nascosto. E quando mi hanno scoperto mi hanno massacrato di botte. Ma farmi massacrare di botte è stata un’idea geniale. Voi non sapete quanta pena facevo.
Prima rappresentazione: Orestiadi di Gibellina, Gibellina Nuova, Case di Lorenzo, 6 settembre 2003. Regia di Valerio Binasco. Interpreti: Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Nicola Rignanese. Produzione Compagnia Scimone Sframeli, Fondazione Orestiadi Gibellina, Festival d’automne à Paris, Kunsten festival des Arts de Bruxelles, Théâtre Garonne de Toulouse. Premio UBU “Nuovo testo italiano”.
Disabilità, povertà, mancanza di libertà e coazione connotano una opera dai tratti cinici che rivela una volontaria assente narrazione. L’energia dentro la quale si spingono i dialoghi ossessivi e surreali accompagna lo spettatore in un gioco voyeuristico in direzione della disperazione. Il buio invocato corrisponde alla spazzatura che sovrasta il palcoscenico, che tiene imprigionato il personaggio di Uno e che lega come una madre al proprio figlio ancora lattante Tano a Peppe, impossibilitato ad alzarsi senza l’aiuto di qualcuno. Il “mestiere” sostituisce l’amore, un pezzetto di pane verde riesce a saziare, in un cortile in cui si perde “la faccia” ma non l’identità.
DA LA BUSTA:
CUOCO […] Lei è uno che legge?
UN SIGNORE Sì
CUOCO … O è uno che fa finta?
UN SIGNORE Non faccio finta!
CUOCO Ormai non bisogna più leggere … Conviene fare finta … Si perde solo tempo a leggere … è importante invece guardare le figure … Le belle figure. Noi facciamo tante belle figure … viviamo di belle figure … e le esportiamo anche in tutto il mondo … siamo famosi in tutto il mondo per le nostre belle figure!
Prima rappresentazione: Festival Asti Teatro, 3 luglio 2006. Regia di Francesco Sframeli. Interpreti: Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Nicola Rignanese, Salvatore Arena. Produzione Compagnia Scimone Sframeli, Ente Teatro di Messina in collaborazione con Asti Teatro 28.
Si passeggia conversando su problematiche politiche sempre attuali in questo lavoro nel quale agiscono generici personaggi misteriosi: Un Signore, Il Segretario, Il Cuoco, X. Lo spettacolo dichiara la propria critica nei confronti di un potere legato al mondo delle immagini, supportato da un’apparente parvenza di democrazia in cui uomini senza nome vengono legati da un guinzaglio e si dispensano consigli sull’eventualità di mutare la propria immagine, tanto più se ci siano fratelli gemelli che vadano in giro a mostrare il medesimo volto.
DA PALI:
IL NERO Ma non è faticoso camminare con il palo dietro?
SENZAMANI Solo all’inizio. Poi ci si abitua.
LA BRUCIATA Però, adesso, fate presto! Salite! Non perdete troppo tempo. Perché, con l’aria che tira, tanta gente cerca un palo libero. Presto! Fate presto! Salite!
IL NERO (si rivolge a L’Altro) Volevi salire prima tu?
L’ALTRO No, io, non voglio salire.
IL NERO Perché?
L’ALTRO Voglio fare ancora una cosa.
IL NERO Cosa vuoi fare?
L’ALTRO Voglio fare ridere. Sento il bisogno di fare ridere.
IL NERO Non puoi fare ridere sul palo?
L’ALTRO No. Voglio fare ridere giù.
LA BRUCIATA Nella merda?
L’ALTRO Sì.
Prima rappresentazione: Festival Asti Teatro, 26 giugno 2009. Regia di Francesco Sframeli. Interpreti: Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Salvatore Arena. Produzione Compagnia Scimone Sframeli, Espace Malraux, Scène Nationale de Chambéry et de la Savoie Carta Bianca Projet Alcotra, in collaborazione con Asti Teatro 31. Premio UBU “Nuovo testo italiano”.
La scenografia di Pali, realizzata da Lino Fiorito, incarna tutto il portato drammaturgico di un lavoro fortemente caratterizzato dall’impegno civile. È infatti una dissacrante verticalità, a rendere la simbologia del Golgota cristiano, una pura modalità di riscatto. Così per sopravvivere a una sozzura dilagante terrigna e a portata dell’uomo comune, l’unica soluzione è elevarsi al di sopra della “merda” o coprirsi con un ombrello. S’inganna il tempo infine partorendo uova da sfinteri provati da uno sforzo animale, volendo forse conferire in tale sacralità una disumana possibilità d’eterno.
DA GIÙ:
PAPA’ Ti tiro fuori!
FIGLIO No papà, non voglio più tornare fuori! Adesso che sono finito nel cesso, papà, io non voglio più tornare fuori … Io, ormai, voglio stare qui! … Io, ormai, voglio vivere qui!
PAPA’ Perché?
FIGLIO Perché qui, papà, non devo più trovarmi un posto … Qui, papà, non devo più pensare al mio futuro … Perché un futuro qui ce l’ho … Un futuro nel cesso l’ho trovato! (pausa) Grazie a te, papà!
Prima rappresentazione: Festival delle Colline Torinesi, 5 giugno 2012. Regia di Francesco Sframeli. Interpreti: Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Salvatore Arena. Produzione Compagnia Scimone Sframeli, Festival delle Colline Torinesi, Théâtre Garonne de Toulouse. Premio UBU “Miglior scenografia”.
L’esasperazione veicolata nel lavoro precedente in questa ultima opera trova realizzazione esplicita. Cenni del degrado c’erano già stati con i primissimi lavori, dapprima il male si insinuava nei protagonisti attraverso caratterizzazioni sgradevoli: malattie, disoccupazione, scene invase da rifiuti, escrementi ovunque. Infine qui si finisce direttamente in un enorme cesso che sovrasta la scena. Quattro sono i personaggi di questo spettacolo che si caratterizza per strani legami gerarchici. Un padre e un figlio si confrontano con un prete “scomodo” costretto a nascondersi per pregare e un sagrestano «che somiglia a uno di quelli che non contano un cazzo».
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