Castrovillari, una piccola cellula di civiltà teatrale

Intervista a Dario De Luca, Saverio La Ruina e Settimio Pisano su Primavera dei Teatri

Pubblicato il 17/07/2016 / di / ateatro n. 158

Primavera dei Teatri è il primo festival del calendario estivo, a cavallo fra maggio e giugno. E’ anche uno dei più fuori mano, ma la piccola comunità di operatori e critici da tutta Italia che si aggirano per Castrovillari, con l’aria degli habitué, per vie e ristoranti noti, testimonia la stima che i ragazzi di Scena Verticale hanno saputo conquistarsi nella comunità del teatro.

Castrovillari

Castrovillari

Stima e curiosità per un programma interessante, forse senza grandi exploit – come è normale in tempi e luoghi sobri – ma col coraggio del rischio (si rischia per affinità e per vocazione), attesa e affetto per la nuova produzione dei padroni di casa, Il Vangelo secondo Antonio, sincera e coraggiosa come sempre.
Per me è la prima volta al festival, ed è un piacere scoprire Castrovillari, una piccola bella cittadina, ordinata e luminosa ai piedi del Pollino.
Ma l’occasione è l’edizione Primavere a Sud del ciclo delle Buone Pratiche Oltre il Decreto: il gruppo di lavoro in cui si è affrontato il problema dal punto di vista di quattro regioni meridionali, Puglia, Basilicata, Sicilia e Calabria.
La questione meridionale del teatro non è una questione creativa, ma dal punto di vista delle strutture e del pubblico esiste, eccome. Non c’è pari opportunità nel teatro italiano.

Il viadotto Italia sulla Salerno Reggio Calabria, il più alto d’Italia fino a qualche anno fa

Il viadotto Italia sulla Salerno Reggio Calabria, il più alto d’Italia fino a qualche anno fa

In Calabria la percentuale di rappresentazioni di spettacoli sul totale nazionali è del 1,19%, la popolazione residente del 3,26%. E solo in Calabria può succedere che un Teatro Stabile Privato si basi a Crotone, sia ampiamente sostenuto per qualche anno e poi si trasferisca a Roma e sparisca dal territorio. Solo in Calabria accade che la Regione lanci avvisi pubblici per la nascita di Circuiti Teatrali con obbligo di produzione (ma senza requisiti per la direzione artistica).
Una regione è ardita e scandalosa.
E un po’ lo è anche il teatro, anche se non mancano le idee e la speranza. E 17 anni – tanti ne ha il festival – significano determinazione, cocciutaggine, vera resistenza. E soprattutto significa avere molte cose da dire: il “pensiero meridiano” del teatro – fare teatro a Sud – può essere un valore aggiunto come dimostrano l’energia, lo stimolo, il calore che arriva dai tanti “giovanotti meridionali”, che invadono e contaminano la scena nazionale.
Questa intervista collettiva vuole approfondire gli obiettivi, il ruolo, le prospettive di un festival “contemporaneo“ periferico e a Sud: rispondono Dario De Luca, Saverio La Ruina, Settimio Pisano di Scena Verticale.
Prediamo spunto dalla dichiarazione programmatica che troviamo sul sito del festival:

Settimio Pisano, Dario De Luca e Saverio La Ruina, i tre moschettieri di Scena Verticale

Settimio Pisano, Dario De Luca e Saverio La Ruina, i tre moschettieri di Scena Verticale

Festival sui nuovi linguaggi della scena contemporanea, Primavera dei Teatri testimonia la volontà di un piccolo e suggestivo centro di una tra le regioni più disagiate del territorio nazionale di diventare luogo privilegiato del dibattito culturale nazionale.
E conferma la volontà di sfidare la propria condizione di arretratezza culturale, contribuendo al processo di rinnovamento del linguaggio scenico in Italia. 
Il festival è ormai un polo di riferimento al Sud per la drammaturgia contemporanea e la nuova creatività, cantiere di incontri e confronti tra artisti di diversa estrazione e generazione. 
Primavera dei Teatri ha contribuito negli anni all’affermazione di molti artisti italiani dell’ultima generazione, alcuni dei quali consacrati in seguito da prestigiosi riconoscimenti. 
Appuntamento unico nel meridione, il festival riflette sulla società contemporanea, registra idee e interrogativi estetici, punta sui giovani anche rischiando molto. Diretto e organizzato da Scena Verticale, il festival giunge nel maggio 2016 alla diciassettesima edizione.

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Gli obiettivi alle origini erano già questi e ritenete di averle raggiunti? Di cosa siete più soddisfatti e di cosa meno?
L’idea di due giovanotti di provincia meridionale era quella di fare arrivare un po’ di teatro contemporaneo anche dalle loro parti. Pensavano alla loro Castrovillari, al luogo dove vivevano, e credevano che se la gente avesse visto altro teatro contemporaneo, loro sarebbero apparsi meno alieni agli occhi degli autoctoni. Quando pensavano a un festival come non ce n’erano in tutta la Calabria già si vergognavano dell’arditezza del pensiero.
Quei giovanotti, ai quali si sono aggiunti con il tempo altri sognatori con il mito non di andarsene ma di contribuire a rendere migliore il luogo che vivono, sono orgogliosi di quello che oggi è il loro festival. Ci sono sempre cose che possono migliorarsi e che loro ostinatamente proveranno a migliorare e sogni aggiuntivi che ancora non si sono concretizzati.
La cosa di cui si è meno soddisfatti è che con la crescita del progetto non c’è stata una crescita adeguata e parallela delle infrastrutture, sia se si parli di luoghi destinati alla fruizione teatrale, sia di rete dei trasporti, capaci di assottigliare la distanza sia geografica che cognitiva della nostra regione.
Ma la cosa che rende tutta questa bella avventura difficile è il rapporto con le Istituzioni, territoriali e regionali. Dispiace che ancora non si siano creati degli automatismi, dei canali preferenziali, dei rapporti di reale fiducia. Amareggia che a fronte dei risultati che il progetto si impone di raggiungere (e che le griglie di valutazione ti impongono di raggiungere) la dotazione finanziaria sia sempre insufficiente. Tutto l’iter burocratico da parte della Regione Calabria è costantemente rallentato da lungaggini e processi farraginosi che portano le strutture vincitrici di progetto, a lavorare costantemente in affanno e provocando spesso una totale paralisi per quanto riguarda la vita interna della struttura (stipendi, pagamenti f24 ecc. ecc.).
Quale può essere l’evoluzione del festival nei prossimi anni?
Dal punto di vista progettuale, molto dipende dalla possibilità che la compagnia avrà di ri-insediare e radicare nuovi progetti nella città di Castrovillari. Nell’ultimo triennio la compagnia ha avviato un progetto di residenza a Cosenza che, a causa dei consueti limiti burocratico-amministrativi, è stato finora una sorta di corpo estraneo senza alcuna possibilità di relazione concreta con il festival. Se ci sarà data la possibilità e se saremo capaci di creare le condizioni adatte a un trasferimento, anche parziale, di quel progetto a Castrovillari, certamente si apriranno dei nuovi orizzonti progettuali che potrebbero stimolare un mutamento del ruolo e della funzione del festival.
Già da quest’anno il festival ha iniziato ad aprirsi maggiormente alla città e a coinvolgere in modo più diretto il territorio e le comunità locali. Questa sarà certamente una delle direzioni che il festival dovrà percorrere nei prossimi anni cercando di rispondere alla crescente domanda di partecipazione attiva da parte dei cittadini. Contemporaneamente potrebbe rendersi necessaria un’espansione dei confini geografici della manifestazione, anche per andare incontro alla vocazione di festival dell’area del Pollino che Primavera dei Teatri ha sin dalla nascita.
Un’ulteriore direzione di sviluppo potrebbe essere l’apertura di una finestra sulla nuova scena europea.

Protoconvento Francescano, Castrovillari

Protoconvento Francescano, Castrovillari

Oltre il festival, a Castrovillari, e forse anche “verso Matera”. Tornando alla funzione di Primavera dei Teatri rispetto al Sud, in questa edizione la presenza di compagnie meridionali non è prevalente (almeno non mi è sembrato): è una scelta? è un’evoluzione? Secondo voi esistono specificità “meridionali” nei linguaggi scenici contemporanei?
Essendo Primavera dei Teatri uno dei rari casi di festival sul contemporaneo a Sud, abbiamo sempre provato a creare delle edizioni che dessero un ventaglio di proposte, per un pubblico molto curioso ma con pochissime possibilità di intercettare il teatro contemporaneo; un ventaglio, quanto più ampio, eterogeneo, differenziato possibile. Questo per linguaggi, drammaturgie e poetiche. Naturalmente portando in Calabria compagnie giovani provenienti da tutta Italia, provando ad intercettare i segnali più vitali sparsi nella penisola. È vero però che PdT è anche stata una casa per tanti artisti e compagnie meridionali: tanta Sicilia, tanta Puglia, naturalmente la nostra Calabria, Campania, un po’ di Basilicata. Volevamo, all’inizio forse inconsciamente, che il festival diventasse una casa teatrale di confronto per tante realtà meridionali che non avevano possibilità di intercettare la grande critica, farsi vedere da tanti operatori, riuscire a sdoganare il proprio lavoro aldilà dei confini del loro territorio e parallelamente far conoscere a critici e operatori quanta vitalità esistesse in territori teatralmente ai “confini dell’Impero”. E questa è una funzione che ci sembra il festival abbia assolto e continua ad assolvere.

Pop Corn, Contromano Teatro

Pop Corn, Contromano Teatro (ph. Angelo Maggio)

Pensiamo che esista una specificità meridionale nella creazione teatrale contemporanea. Già dieci anni fa (2006) Renato Palazzi, in una riflessione apparsa sul Sole 24 ore sullo stato del teatro italiano, chiosava l’articolo così:

“Si può dire che da qualche anno a questa parte il laboratorio, la fucina creativa della nostra scena sia inequivocabilmente il Sud, dal punto di vista geografico e non solo geografico.” Le parole di Renato Palazzi siglavano il processo in corso di una révanche drammaturgica meridionale che negli ultimi venti anni ha donato frutti straordinari. Forse oggi ci sono anche altre sacche di specificità (ne intravedo una nel nord-est italico) ma il meridione, e la sua innata fiducia nella parola, nel testo e nel proprio bagaglio storico, sociale, culturale ha saputo creare delle forme di unicità forse ancora non del tutto messe a fuoco e riconosciute da tutti. Ci accomuniamo al pensiero di Dario Tomasello quando, nel suo La drammaturgia italiana contemporanea, parlando del teatro a Sud afferma che nel nostro meridione […] a fare la differenza sono i filoni di resistenza delle esperienze artistiche che si autogenerano e rigenerano a partire dalla trasmissione, sapiente e paziente, del mestiere, delle sue tecniche, dei suoi segreti. Questo è stato sempre tanto più vero a Sud, dove la necessità di custodire il patrimonio ancestrale dell’arte attoriale ha sempre trovato, più che nel pubblico, nel “privato”, inteso sia come impresa autonoma, sia come portato specifico di ogni privazione economica e di ogni riconoscimento dell’establishment, la sua virtù. Senza, è chiaro, che questo debba necessariamente tradursi in un programma pauperistico o anti-commerciale. La «povertà» di cui parlava Eduardo era, soprattutto, sobrietà dinanzi allo spreco, capitalizzazione delle risorse contro una loro dilapidazione. Ecco allora che, implicite o patenti, come conduzioni sinaptiche di un’energia antica, vecchie e nuove genealogie si saldano nella campitura preziosa, mai regionale ma sempre universale, del teatro italiano del Sud. […]

Primavera die teatri è ancora un appuntamento per certi versi “unico” nel meridione? Nel caso perché, e ci sono collegamenti con altre realtà simili a sud?
Ci sembra che Primavera dei Teatri abbia avuto sin dall’inizio delle caratteristiche uniche, che sono rimaste tali, fortemente legate al luogo e alle condizioni della sua nascita. Come scritto da Saverio La Ruina in un intervento di alcuni anni fa, Primavera dei Teatri è nato perché volevamo una cosa, anche piccola, meglio piccola se volevamo coltivarla bene, che parlasse di noi, che avesse un pensiero che fosse anche il nostro, e che facendola interagire cambiasse noi stessi insieme agli altri. Perché volevamo qualcosa che esprimesse un mondo, una qualità delle relazioni fra le persone, fra gli artisti e il pubblico. Volevamo che ogni cosa presentata, qualsiasi cosa, contribuisse nel percorso umano di ciascuno. E che questo magma – articolato in sezioni e approfondimenti di vario genere – desse impulsi alla nascita di vocazioni nuove: critici, giornalisti, operatori, organizzatori, artisti, e spettatori, con un potere di irradiazione a trecentosessanta gradi. In questo processo ritenevamo irrinunciabile il coinvolgimento dei giovani, sulla scena e in platea: con il loro entusiasmo perché contagiassero, la loro generosità perché occorreva lavorare in condizioni di “spreco”, la loro disponibilità perché ascoltassero. Si trattava di creare un clima formando nel tempo una cellula sana, una piccola cellula di civiltà, contro le banalità, contro i luoghi comuni, contro le disuguaglianze sociali, economiche e culturali. Una cellula di civiltà in un territorio dove i valori dell’uomo sono umiliati giorno dopo giorno. Un teatro, quindi, che si interrogasse quotidianamente sulla propria necessità e sul proprio senso. Un teatro politico nella sua accezione più alta. Castrovillari non aveva una stagione teatrale dal 1986, anno in cui fu incendiato l’unico teatro comunale. Da allora non è stato fatto quasi più nulla, fino a quando non abbiamo cominciato noi, nel 1999, a realizzarvi alcune ospitalità. La verginità del territorio, e dello spettatore, era superiore a quella di altri luoghi, e quindi era importante porsi il problema dello spettatore in relazione al nostro progetto.
L’essere poi diventato un appuntamento fisso per la comunità teatrale nazionale in un territorio così difficile, attraverso un progetto così “radicale” è certamente uno degli elementi distintivi e caratterizzanti del festival.
Crediamo che Primavera dei Teatri sia ancora un appuntamento unico anche perché nel meridione ci sono certamente meno occasioni di programmazione del contemporaneo. Negli ultimi anni, anche grazie al ruolo di apripista svolto da Primavera dei Teatri, stanno emergendo altre esperienze di qualità alcune delle quali però stentano purtroppo a tenere il passo in termini di continuità e di resistenza a questo momento di crisi.
Un altro elemento che ci sembra distintivo è la partecipazione del pubblico e la sua stessa composizione: a Castrovillari, come è spesso messo in risalto da più parti, c’è una forte partecipazione del pubblico locale agli appuntamenti programmati e questo fa sì che si crei una platea molto composita dove di fianco alla stampa e agli addetti ai lavori nazionali siedono tantissimi comuni spettatori.
Per quanto riguarda le collaborazioni e i collegamenti ce ne sono stati e continuano ad essercene con tante altre realtà del sud, in particolare con quei festival e quelle strutture che hanno linee artistiche e progettuali vicine alle nostre. Proprio quest’anno stanno nascendo confronti con altre realtà meridionali su come portare avanti un percorso comune di sostegno alle nuove istanze artistiche e alla scena contemporanea in generale.

Le Buone Pratiche a Castrovillari

Le Buone Pratiche a Castrovillari

 
In che misura dovete a Primavera dei Teatri l’affermazione nazionale di Scena Verticale?
Questo forse bisognerebbe chiederlo agli altri. Crediamo che il festival ci abbia dato l’opportunità di farci conoscere dal mondo del teatro e noi conoscere tanti operatori e critici in un tempo relativamente breve. Cosa che con la semplice vita di compagnia, vivendo a Castrovillari, forse non saremmo riusciti a fare. Crediamo che con il festival ci si sia conquistata una credibilità come operatori culturali a tutto tondo e, con gli anni, abbiamo cominciato a considerare il festival come una delle produzioni di Scena Verticale, intesa come produzione artistica, capace di raccontare un percorso insieme ai singoli spettacoli. Ma pensiamo anche che l’affermazione nazionale della compagnia abbia viaggiato su un binario parallelo al festival e assolutamente autonomo.

Trittico della Guerra,  Guinea Pigs

Trittico della Guerra, Guinea Pigs (ph. Angelo Maggio)

Ho notato che non avete dato temi alle singole edizioni.
Sì, non ci siamo mai dati dei temi precisi. Capita però spesso che all’interno di un’edizione si crei, a posteriori, un file rouge che lega molti dei lavori in programma. A volte, nello stesso anno, diversi artisti si interrogano sulle stesse questioni ed ecco che si creano uno o più temi comuni in quella determinata edizione.
Anche quest’anno mi è sembrato in effetti che un filo conduttore ci fosse, un’attenzione molto precisa ai temi della convivenza civile, delle conseguenze della globalizzazione e della crisi, un “contemporaneo” decisamente orientato alla dimensione politica e sociale.
Con che criteri selezionate gli spettacoli? e ono frequenti i “ritorni” al festival da parte delle stesse compagnie? Avete stabilito collaborazioni, rapporti artistici di lunga durata?
Il lavoro di monitoraggio del nuovo è costante per tutto l’anno. Teniamo l’attenzione vigile sulla nascita di nuove formazioni; chiediamo ad amici e operatori, soprattutto se di latitudini distanti dalla nostra, se hanno visto cose di giovani che hanno destato il loro interesse; seguiamo i lavori di artisti già più riconosciuti e il loro evolversi; attenzioniamo i premi dedicati agli under 35; leggiamo periodicamente le recensioni che escono sulla carta stampata e sui siti on-line e mettiamo da parte le cose degne di nota o che vogliamo investigare; utilizziamo le tappe della nostra tournée per vedere spettacoli o anche prove di spettacoli. Inoltre arriva alla direzione del festival tantissimo materiale e video di spettacoli e noi ci prendiamo il tempo di vederli tutti e per intero.

Ci scusiamo per il disagio,  Gli Omini

Ci scusiamo per il disagio, Gli Omini (ph. Angelo Maggio)

Il criterio di selezione è semplice. Gli spettacoli debbono piacerci. Devono emozionarci o dobbiamo cogliere una poetica o il tentativo di formarla. Ci piace trovare modalità personali di pensare il teatro, percorsi spiazzanti; ci piace la qualità attoriale, cosa non sempre scontata, e la scrittura originale. Naturalmente quello della scelta è l’aspetto del lavoro più soggettivo e opinabile. Ma visti i risultati e le scoperte fatte in tutti questi anni ci si può ritenere soddisfatti. Alcuni artisti hanno mosso i primi passi o sono nati proprio a PdT, per cui si è istaurato con il festival un rapporto affettivo privilegiato, così come noi con loro, e questo ha comportato negli anni dei graditissimi ritorni che hanno dato la possibilità, agli operatori, ai critici e al pubblico affezionato, di seguire i percorsi artistici e le evoluzioni di singoli artisti, in alcuni casi, per quasi 20 anni di carriera. Non si sono stabilite delle vere e proprie collaborazioni artistiche ma è certo che, nei fatti, alcune compagnie e alcuni artisti hanno legato il proprio percorso al nome di Primavera dei Teatri. Ci sono compagnie che, pur girando il mondo, riescono a venire in Calabria solo se chiamate da noi.
E sono nate anche coproduzioni con la compagnia?
Negli anni passati non sono nate coproduzioni a partire dal festival. Quest’anno stiamo iniziando a sperimentare modalità di collaborazione produttiva “leggere” che poterebbero più avanti prendere forma di coproduzione.

Esilio,  Piccola Compagnia Dammacco

Esilio, Piccola Compagnia Dammacco (ph. Angelo Maggio)

Quella di non essere un festival internazionale è stata fino a oggi una scelta?
Non è una scelta, almeno non lo è stata fino a qualche anno fa. In passato abbiamo provato ad aprire una finestra sulla nuova scena europea. Poi abbiamo sempre desistito a causa delle continue incertezze e della discontinuità di sostegno da parte degli enti. L’impossibilità di programmare se non a breve distanza e l’incertezza più assoluta (ancora adesso, a un mese dalla fine dell’edizione 2016, non sappiamo se la Regione Calabria, che copre il 70% dei costi del progetto, sosterrà il festival e in che misura. Nel 2015 abbiamo firmato la convenzione con la Regione in ottobre) non ci hanno mai permesso di approcciarci in maniera seria al lavoro di programmazione internazionale, anche in ottica di rete con altri festival europei. Ma su questo fronte, a prescindere da queste oggettive difficoltà, potremmo certamente decidere di investire di più, magari sulla scia delle relazioni internazionali costruite a partire dall’attività di produzione e di giro della compagnia con il lavoro di Saverio in particolare.
Forse per questo ho visto critici e operatori da tutta Italia ma non stranieri. Ma il festival è, è stato o potrebbe essere promozionale per spettacoli italiani, e soprattutto meridionali verso l’estero?
Quest’anno sono passati circa 70/80 tra critici e operatori nazionali, ma in effetti non dall’estero. In alcune edizioni passate qualche operatore straniero è arrivato per dei progetti specifici in cui era coinvolto.
Il festival ha contribuito nel tempo alla crescita e all’affermazione di tanti gruppi e artisti che hanno poi avuto una consacrazione internazionale, ma non sapremmo dire se e quanto sia stato “direttamente promozionale”. Certamente è una vetrina, e potrebbe esserlo indubbiamente di più se avessimo maggiori risorse da investire in questa direzione.
Potete dirmi qualcosa del pubblico locale? e dei laboratori che in parte lo coinvolgono?
Il pubblico locale è piuttosto eterogeneo, rappresentativo di varie fasce d’età e strati sociali. È un pubblico ormai ampiamente fidelizzato, grazie al lavoro fatto negli anni sul territorio. È un pubblico curioso di scoprire nuovi artisti e consapevole di essere parte di una scommessa, protagonista di un progetto “laboratorio” che altrimenti non esisterebbe o non avrebbe senso. Il target di destinazione cambia in relazione al tipo di laboratorio ma generalmente tendiamo, d’accordo con i curatori, ad aprire a chiunque sia interessato. Per cui spesso si creano gruppi di partecipanti piuttosto eterogenei, composti da teatranti professionisti e da appassionati e curiosi.
Il festival lascia segni a Castrovillari nel corso dell’anno?
Nel corso delle passate stagioni, la programmazione comunale ha accolto alcuni artisti e gruppi presenti a Primavera, e di teatro contemporaneo, anche se ormai da qualche anno non è più programmata in città una vera e propria stagione teatrale e d’altra parte non ci sono altre esperienze o progetti in grado di raccogliere e mettere a frutto quanto costruiamo attraverso il festival. Il tentativo, per ora soltanto un’intenzione, di spostare su Castrovillari parte del nostro progetto di residenza va proprio nella direzione di costruire un percorso che possa attraversare tutto l’anno (Primavera tutto l’anno) mettendo a sistema e rafforzando entrambi i progetti. Sul territorio regionale, invece, ci sono stati e continuano ad esserci programmazioni e progetti laboratoriali legati al teatro contemporaneo e alla nuova scena italiana frutto di un sentire teatrale cui il festival ha sicuramente contribuito: in seno all’Università della Calabria (da un paio di anni), in qualche rassegna (vedi ad esempio già da molti anni “Ricrii” a Lamezia) e nelle ospitalità delle residenze teatrali presenti da qualche anno in regione.

Qualche numero

Il Centro visitatori del Parco del Pollino a Laino: ristrutturazione quasi terminata,  bloccato da dieci anni

Il Centro visitatori del Parco del Pollino a Laino: ristrutturazione quasi terminata, bloccato da dieci anni

Nelle passate edizioni il budget si è aggirato tra un minimo di 70.000,00 e un massimo di 120.000,00 euro.
Quest’anno c’è la possibilità di accedere a risorse maggiori (l’avviso pubblicato dalla Regione Calabria prevede un contributo fino all’intensità massima di € 150.000,00) ma con le incertezze e i ritardi di cui dicevamo.
Abbiamo fatto piccoli investimenti su un progetto dedicato ai bambini, sull’allestimento di nuovi spazi in città e su alcune altre attività (a nostro rischio e pericolo)
Le entrate arrivano da contributi pubblici per il 92% circa, da incassi circa il 6% e da merchandising e sponsor non più del 2%.
Il budget è ovviamente un limite nella scelta degli spettacoli.
La scelta di programmare “recite secche”, deriva dal budget, dal pubblico e preferiamo evitare sovrapposizioni di orari.
Durante tutto l’anno lavorano al festival le cinque persone fisse della compagnia. Dal mese di aprile lo staff inizia ad allargarsi fino ad arrivare alle circa 25/30 unità, più gli stagisti (7/8 persone circa).

Verso Primavera tutto l’anno, speriamo!
Scena Verticale&Primavera dei Teatri, magari nei bellissimi spazi un po’ sottoutilizzati del Protoconvento Francescano potrebbero diventare un centro molto particolare: compagnia + festival+ cartellone+ formazione + residenze …




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