#Sicilia2018 | La rivoluzione è femmina: Concetta La Ferla, siciliana, donna e comunista, rivive sulla scena

A Noto la quinta edizione di Codex Festival

Pubblicato il 25/03/2018 / di / ateatro n. 165

I linguaggi della cittadinanza attiva a Noto parlano attraverso l’arte e l’impegno di chi ha deciso di rimanere o tornare in Sicilia. Codex Festival è un esempio di integrazione e incontro tra le diverse arti. La quinta edizione si è svolta dal 15 al 17 settembre 2017 nel suggestivo cortile del Convitto delle Arti, sede del liceo classico cittadino e di numerose iniziative culturali netine, tra cui l’Infiorata annuale che si svolge nel terzo fine settimana di maggio. Il festival diretto da Salvatore Tringali, formatosi alla Sharoff come attore e alla Sapienza come studioso di teatro, sta attuando molteplici iniziative culturali in ambito teatrale nella sua città d’origine. Lì Salvatore ha deciso di investire le conoscenze acquisite, ospitando realtà italiane di teatro contemporaneo. Il consiglio comunale lo ha investito della carica di sovrintendente – si tratta nei fatti più di una direzione artistica che di una funzione burocratica – del Teatro Tina di Lorenzo. Il Codex “rappresenta uno di quei momenti in cui Noto, città d’arte e capitale del Barocco può valorizzare il suo essere ponte tra memoria e avanguardia” dichiara Frankie Terranova docente di storia e filosofia nel già citato liceo, assessore e vice sindaco e racconta come in effetti Noto ospiti ben “più di 500 eventi culturali in un solo anno solare”.

 

Periferie festivaliere, Codex e integrazione

“Il teatro è l’arte regina del Codex festival e fin dal primo anno ha ospitato tematiche legate all’integrazione” spiega Tringali. Nel 2013 spicca nel programma una produzione del Teatro Coppola di Catania, Furore con Anna Bellia con la Civita Folk Orchestra, che deve il suo nome al quartiere in cui sorge il teatro occupato catanese. Nel 2014 il teatro è rappresentato da Vuccirìa Teatro con Io, mai niente con nessuno avevo fatto e dall’opera multimediale Walking No Tav. Not Here Not Now di e con Andrea Cosentino, opera teatrale frontale, ha caratterizzato la parte teatrale dell’edizione 2015, inclusiva anche di un approccio meno istituzionale nei modi con il progetto del Paisello pugliese 12 Parole 7 Pentimenti. Nel 2016 il programma si arricchisce inserendo anche la danza di Giovanna Velardi con Carmen Duo, la comicità popolare di Luana Rondinelli con Taddarite e un più tradizionale Vincenzo Pirrotta con All’ombra della collina. Aldo Morto “sempre e solo un morituro morto” di e con Daniele Timpano racconta nell’edizione 2017 dei libri best seller dei brigatisti che hanno contribuito a “trasformare una storia vera in coriandoli di plastica”. All’ultima edizione di Codex è stato anche l’attore Bruno Torrisi per White Rabbit Red Rabbit, testo clandestino tradotto in una ventina di lingue dell’iraniano Nassim Soleimanpour (v. anche https://www.ateatro.it/webzine/2014/08/29/la-via-negativa-del-teatro-il-drammaturgo-iraniano-nassim-soleimanpour/).
Codex ospita anche musica e cinema tentando di “fare teatro nel cinema”, grazie al contributo del collettivo Frame Off a Francesco Di Martino e Giuseppe Portuensi. Questi ultimi sono anche coinvolti in campo formativo e nel Consorzio Universitario Mediterraneo Orientale di Noto hanno la loro sede operativa, da dove prende avvio anche il festival Documentaria, nel mese di dicembre. Il lavoro di Di Martino è vicino all’inchiesta giornalistica, seppure arricchita di ambientazioni performative di stampo teatrale e politico. L’interesse del regista per la comunità rom di Noto, realtà poco conosciuta che abita una sostanziale parte del corredo urbano, sebbene talvolta in edifici abusivi e in una condizione di emarginazione, lo ha condotto ad approfondire il suo coinvolgimento nella periferia napoletana. Scampia Felix è un film documentario del GRIDAS di Scampia, diretto da Francesco Di Martino e  distribuito nel 2017. Il film, che prende spunto dalla biografia di Felice Pignataro, racconta l’inedito carnevale organizzato per la prima volta nel 1983 e a cui oggi prendono parte associazioni provenienti da ogni parte del mondo, con migliaia di partecipanti volontari e nessun tipo di investimento economico. Pignataro è stato un artista che insediatosi nella periferia napoletana fin dagli anni Settanta ha operato per creare momenti inclusivi tra i nuovi arrivati e la popolazione rom, già presente nei luoghi un tempo campestri, dove oggi si trova il quartiere reso noto da serie tv come Gomorra. Laddove infatti la scuola non riesce a operare per arricchire una identità complessa e molteplice è la lotta sociale di un allegorico e provocatorio carnevale politico a dare una possibilità d’inclusione pubblica, la cui organizzazione impegna per un intero anno decine di realtà, valga per tutti, tra le più importanti, l’esempio del lavoro di Rosario Esposito La Rossa che sostiene la  realtà editoriale di Scampia con la sua Maretta & Cafiero.

Una immagine della cooperativa sociale Il cuore di Argante

Oltre all’impegno del teatro comunale e della sua omonima Fondazione di coniugare vecchie istanze di rappresentazioni popolari e consuete insieme, continuano a essere numerose le compagnie amatoriali che animano gli spazi della città. In particolare “Il cuore di Argante”, diretta da Chiara e Giuseppe Spicuglia, vanta un centinaio di adesioni e attori cantanti a laboratori teatrali volti alla realizzazione di musical ispirati alle fiabe animate della Disney. Ammirevole è la cura e il dispendio socio-educativo speso negli allestimenti curatissimi di queste opere, nell’ultimo anno richiesti anche dalle scuole di ogni parte della Sicilia, sebbene appartengano a un circuito di non professionisti. Anche Mario Incudine, direttore artistico del Teatro Garibaldi di Enna, ha mostrato interesse per la compagnia amatoriale che nasce nelle sale della parrocchia del Sacro Cuore di Noto, proponendo collaborazioni e ospitando i nuovi progetti teatrali di Spicuglia e attori nel suo teatro comunale.

 

La rivoluzione è femmina

Concetta La Ferla per maestro ha avuto Giambattista Fanales, medico e deputato calatino per il Partito Comunista dal 1963, che riunì intorno a sé già nel 1943 giovani desiderosi di comprendere cosa fosse la dialettica politica e di leggere Marx interessandosi a figure come quella di Rosa Luxemburg. A quest’ultima Concetta vorrebbe dedicare il nome della sezione femminile, la prima in Italia del PCI, fondata nel 1969 che resiste a Caltagirone fino al 1972. Grazie al potere politico acquisito con il voto che le donne del partito e i loro mariti le danno, La Ferla, che lotta anche per il diritto all’acqua, viene osteggiata da un “manichino di salotto”, il consueto politico perbenista e ottuso di turno: nonostante il riconoscimento nazionale, le battaglie perse e il cambiamento che non sembra giungere finiranno per farle abbandonare la politica. Spiega che “la politica è di più della poesia”, ma “il tempo attuale” è senza politica. Affida la sua storia alla scrittrice e poeta Maria Attanasio, che registra tre nastri da cui verrà trascritto un romanzo biografico. La stessa Attanasio affiderà il testo a Nicoleugenia Prezzavento, per una testimonianza drammatica che possa eternare, nella quotidianità del tempo teatrale, la vita di una donna straordinaria.

“per mio padre ero perciò una figlia che dovevo crescere e sapere da maschio e da femmina: non era un padre settario che teneva schiava la donna, mi fece fare sempre delle libere scelte, a mia saputa. Era così orgoglioso di me che fin da piccola si usciva sempre insieme, anche a caccia. […] a tredici anni sapevo già sparare benissimo – ho ancora adesso il porto d’armi: una passione che come la politica mi ha trasmesso mio padre. Diceva che una donna doveva sparare come un uomo, per ogni venienza: ladri, malacarni, nel caso certo di rivoluzione”

Il primo comizio primaverile della protagonista è memorabile. Sebbene sostenesse di non essere preparata, “come una botte che non può trattenere il fermento del mosto” fece un discorso trascinante e incisivo, rincuorando le donne per i mariti e i figli persi durante il Secondo Conflitto Mondiale e cominciò a raccogliere intorno a sé un folto gruppo di compagne, presto dette “pazze” o “buttane” dalla gente che “non era comunista”. La missione di Concetta La Ferla è quella di condurre a una dignità e consapevolezza politica chi soffre. Ma la sfida più importante è quella per l’emancipazione femminile nel mondo della politica, poiché “il partito era infatti come la chiesa dove solo i maschi dicono messa”. Tuttavia l’esigenza delle donne calatine è diversa da quella di donne delle grandi città, impegnate nella lotta per la parità dei sessi e una più libera sessualità. Non è pertanto condivisibile un femminismo tout court da parte di La Ferla, che ha sempre vissuto con estrema semplicità il suo essere donna, senza mai subire alcuna forma di discriminazione o peggio schiavitù e sottomissione da parte del padre o del marito.

Di Concetta e le sue donne al Teatro Tina di Lorenzo di Noto

Tra gli spettacoli in programma al Teatro Tina di Lorenzo, quello dedicato a Concetta La Ferla è particolamente significativo in un momento di grande crisi politica e identitaria, che il potere mafioso legato alle istituzioni sembra sfruttare. Il sipario rosso accoglie un vento di scirocco, sottolineato da una luce rossa e dall’onnipresente bandiera rossa che sul fondale si alterna al nero dei ricordi e della scena con una ricchissima strumentazione musicale – interventi sonori dal vivo sono di Simona Di Gregorio – e annuncia con vigorose percussioni l’entrata della protagonista Concetta La Ferla, interpretata da una ispirata e generosa Rita Salonia. “Cettina spavalda leonessa” sulla scena rinfranca il potere legato alla scrittura, nella regia e riscrittura teatrale di Concetta e le sue Donne dall’omonimo libro di Maria Attanasio (Sellerio, 1999). Nicoleugenia Prezzavento, nella pièce prodotta da Nave Argo, vista il 4 gennaio al Teatro di Noto, replicherà al Piccolo Teatro Patafisico di Palermo il 14 e 15 aprile. Sulle battaglie combattute da Nave Argo per avere un vero teatro a Caltagirone e sulle eccellenze ospitate in una rassegna estiva della villa comunale Ateatro ha già in passato accolto e pubblicato un appello che sembra rimasto però – dopo quasi un decennio – del tutto inascoltato (v. http://www.trax.it/olivieropdp/mostranew.asp?num=75&ord=66).  Ma la stagione diretta da Fabio Navarra che con Prezzavento cura la direzione artistica dell’attuale rassegna teatrale dedicata alle famiglie ha trovato ospitalità in luoghi altri, in un auditorium di un istituto religioso (anche in questo caso si tratta di un “Sacro Cuore”). La rassegna si è conclusa lo scorso 4 marzo con Gelsomina e il Principe Tuttomio.
Nello spettacolo diretto da Prezzavento, dedicato alla prima e ultima vera combattente comunista della Sicilia orientale, la voce è come vertigine che conduce lo spettatore nell’antro di ricordi che cullano nella scansione ritmica della narrazione. Sanno di casa e di disperazione i racconti di una Sicilia che non sembra essere mutata, mentre l’abito indossato dalla protagonista-narrante rimanda a un tendone circense. È questo un tema che ricorre in un precedente lavoro della Prezzavento, Ermyntrude e Esmeralda, una commedia epistolare in cui le attrici Giuliana Lo Porto e Marta Pepe agivano indossando un enorme abito-tenda dentro il quale recitavano. La stranezza e la ingenuità in quel caso rendevano grottesca la storia, la lotta donchisciottesca e la perseveranza nell’inseguire un ideale. In questo spettacolo incarnano invece un’attualità politica quasi imbarazzante. I momenti più dolorosi e oscuri del racconto sono mediati da un ricco ritmo espositivo in cui il comico trova spazio illuminato da un controluce bianco. Lavoro e diritti umani assecondano una rivoluzione quotidiana per una donna il cui unico vezzo è stato quello di indossare talvolta il rossetto. Inutile precisare che era rigorosamente rosso.

 




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InformazioniVincenza Di Vita

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