L’editoriale

La censura agli spettacoli di Ronconi a Siracusa

Pubblicato il 23/05/2002 / di / ateatro n. 035

I teatranti lamentano sempre lo spazio vieppiù minore che la loro arte riesce a occupare sui mass media, dove trionfano volgarità e superficialità, basso intrattenimento e imbonimento truffaldino. In rare occasioni, per fortuna, la nobile arte scenica riesce a ritagliarsi uno spazio sulle nostre rozze gazzette, e persino nei telegiornali, nell’istante supremo del prime time. E loro, solo cinque righe nella pagina cittadina.
Per questo è sempre una autentica gioia quando il sublime nella sua forma più spettacolare riesce a interessare qualcuno al di fuori della stretta cerchia degli amatori e degli addetti ai lavori e suscitare l’attenzione del rutilante mondo della notizia. È un piacere ancor più raro – e dunque vicino all’estasi – quando a godere di questa attenzione non è il solito musical con la soubrette tettona, il frusto adattamento di un film che ebbe successo quando noi (e il divo in disarmo che ne sarà protagonista), o l’ennesimo exploit del macchiettista del sabato sera che recita il classico, ma un classico vero, con un regista vero, in un teatro vero, con degli attori veri.
È dunque con intima soddisfazione, e con indubbio orgoglio, che rendiamo conto qui di seguito di quello che il 20 e 21 maggio u.s. è apparso nei giornali nazionali – non solo in prima pagina, è vero, ma con dei grandi articoloni fitti fitti di parole da riempire intere facciate. Da quei torrenti di dichiarazioni abbiamo indegnamente rubato qualche frammento.
Se poi leggendo, dalle pieghe più fonde della vostra anima ingenua sentiste un fremito arrampicarsi lungo la schiena, potete sempre porvi un paio di domande. Da soli, in coscienza, senza dire a nessuno la risposta (men che meno ai forum). Ma insomma, che avreste fatto al posto loro? O meglio, che farete, quando capiterà l’occasione di comportarvi da eroi? Farese gl’idealisti o chiederete qualcosa in cambio? Sarete politici fino in fondo, o preferirete salvar l’arte vostra, costi quel che costi? O magari, facendovi martirizzare, già penserete alla pubblicità gratuita che v’arriva, e al ritorno d’immagine?

ANSA, 19 maggio 2002, 21:19:49
“La scena della commedia Le rane di Aristofane, nell’allestimento andato in scena oggi a Siracusa con la regia di Luca Ronconi e gli attori del suo Piccolo Teatro di Milano. La scena raffigura la città delle rane con i manifesti. Dopo 24 secoli Le rane ha ancora acceso polemiche: pietra dello scandalo, nella polemica fra Ronconi e l’on. Gianfranco Micciché, responsabile di Forza Italia per la Sicilia, sono stati tre grandi pannelli scenografici, raffiguranti le caricature di Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e Gianfranco Fini. ”

Luca Ronconi, regista, da sempre vicino alla sinistra, dal PCI ai DS
“Mi è stato detto che siccome prendo i soldi di Berlusconi (intendendo immagino i contributi dello Stato versati al Piccolo), il teatro pubblico non dovrebbe criticare chi gli dà i soldi. (…) Non ho potuto utilizzare la scenografia perché un “consiglio” è stato dato al teatro, ed un ragionamento pacato è stato poi fatto da parte del prefetto di Siracusa, Alecci. (…) Ma non si dica che ho preferito togliere i tre pannelli. Ho tollerato questa situazione, per mandare comunque in scena lo spettacolo. Ma me ne andrò da questo teatro e da questo Paese. Mi sono già arrabbiato abbastanza ieri sera. Questo è un vero e proprio caso di censura. E democrazia e censura non possono convivere. Io non ho avversari politici, vorrei averne di artistici.”

Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano, socialista (quando c’erano i socialisti)
“È un modo di pensare che farebbe rivoltare nella tomba i fondatori del teatro pubblico, come Strehler e Grassi.”

Gianfranco Micciché, viceministro, Forza Italia
“Apprendo che Luca Ronconi, che aveva previsto di inserire tre caricature di politici nelle Rane di Aristofane avrebbe deciso di sopprimerle a causa di presunte pressioni politiche. Ove tale scelta fosse vera sarebbe la prova della meschinità di un teatrante che vuole farsi credere Aristofane, ma che è lontanissimo dal grande commediografo, perché Aristofane in ogni caso non le avrebbe tolte, ed è proprio meschino voler far credere che una decisione del genere sia dettata da pressioni politiche.”

Stefania Prestigiacomo, ministro, Forza Italia
“È vergognoso che si voglia contrabbandare per censura il dissenso apertamente espresso su una scelta artistica”.

Franco Cordelli, “Corriere della Sera”
“Al tempo suo, Aristofane ce l’aveva con i governanti di Atene. Era normale un riferimento alla contemporaneità, se il teatro è vita, se non è lettera morta, se non è un trastullo o un innocuo passatempo. La notizia dei pannelli ha invece prodotto un caso senza precedenti nella storia del teatro italiano. Non era arrivato a tanto Amintore Fanfani di fronte al Fanfani rapito di Dario Fo, negli anni Settanta. E, all’inizio dei Sessanta, l’Arialda di Testori aveva avuto guai con la censura per ragioni di cosiddetta oscenità, non già per ragioni politiche. Quando è cominciato lo spettacolo, la delusione è stata notevole. I pannelli non c’erano più.
C’erano delle vuote cornici. Quei vuoti esprimevano ora un significato che superava di gran lunga qualunque altro significato avrebbero espresso la commedia di Aristofane e lo spettacolo di Ronconi. Di fatto, che cosa era successo? Avevamo assistito ad una drammatica riunione di compagnia. Ronconi era perplesso. I tecnici non avrebbero voluto retrocedere. Non volevano andare in scena se non secondo il disegno originario. Bisognava invece smontare i pannelli, le caricature, per andare incontro alle sollecitazioni del Polo; e alla fine lo spettacolo era andato ugualmente in scena, senza pannelli. In altri termini aveva prevalso la ragion di Stato. Ma perché aveva prevalso?
Il teatro è un’arte di Stato; dal punto di vista finanziario, esso dipende quasi per intero dalle sovvenzioni ministeriali, regionali, provinciali e comunali. Sembra inevitabile che chiunque sia al governo finisca con il favorire gli artisti più vicini alla propria visione del mondo. Sinistra o destra è lo stesso. Ma se l’idea del viceministro Gianfranco Miccichè e del ministro Stefania Prestigiacomo è – come sembra – che non si possa prendere in giro, con i soldi dello Stato, chi lo Stato rappresenta, qui c’è un equivoco di fondo, che oltrepassa la logica dello spoil system.
Le tre caricature di Siracusa rappresentavano uomini di governo, mentre le sovvenzioni sono appunto statali, provengono dall’intera comunità. Mille volte è successo nel teatro dei nostri giorni che si alludesse agli uomini politici più in vista, lo si fa da destra al Bagaglino o da sinistra all’Ambra Jovinelli. Il vituperato Luttazzi, senza troppi finanziamenti, lo fa ogni giorno. Lo fanno ogni momento Fo e Paolo Rossi. Nel 1994 proprio a Siracusa, primo governo Berlusconi, durante un Prometeo si era sentito un attore irridere il Cavaliere forzista e non vi erano state che piccole scaramucce tra il pubblico. Perché tanto accanimento con Ronconi, di fronte ad uno spettacolo sofisticato come può esserlo un suo spettacolo? Viene il sospetto che non vi sia solo una cultura nuova, di cui raccogliamo da qualche tempo segnali vistosi o sibillini. Ma che vi siano coincidenze.
Per esempio, il rinnovo delle cariche dell’Istituto del dramma antico.
O, ancor più, il nuovo consiglio d’amministrazione del Piccolo, tutto governativo. Si vuole forse indurre Ronconi, suo direttore artistico, alle dimissioni?”

Luca Ronconi e Franco Quadri, “la Repubblica”
Maestro Ronconi, qual è stato il suo primo pensiero dopo l’incontro con l’onorevole Miccichè?
Com’è arrivato alla decisione di ritirare i ritratti incriminati?
“La situazione del Piccolo Teatro e dell’Inda non ha permesso di ignorare l’intimidazione subita, anche se i tecnici e parecchi attori non volevano rinunciare alla nostra libertà e hanno mostrato grande risentimento per questa manifestazione di intolleranza. In un primo tempo avevo deciso di ricoprire i ritratti di nero e di esporli così, magari con sopra dei fasci, ma purtroppo non c’era abbastanza tempo per la prima di oggi. Non è detto che non lo faccia per la seconda”.
Questa rinuncia non rappresentazione un’accettazione della censura?
“Ne sottolinea soltanto il carattere ridicolo. Mi sembra evidente che la rappresentazione non sia provocatoria: le immagini avrebbero creato un rapporto con la cronaca nel tempo in cui si vive, necessario ai testi di Aristofane, come si vede dalla traduzione e dai costumi. Non ho però seguito la recita, né mi sono presentato al pubblico alla fine, perché quello andato in scena non era lo spettacolo come io lo avevo concepito”.
Il ministro Prestigiacomo ha diffuso una dichiarazione in cui si dice che “è vergognoso che si voglia contrabbandare per censura il dissenso apertamente espresso su una scelta artistica”.
“Ma si esprime un giudizio come questo su uno spettacolo non ancora andato in scena non si tratta di una censura preventiva?”
E’ vero che lei se ne andrà da questo paese?
“L’ho dichiarato per rabbia, ma non so se ce la farò, anche se sarebbe il caso. Del resto me l’ha consigliato il sottosegretario. E a giugno me ne andrò in Giappone ma per fare la Traviata.”

Gianfranco Miccichè
Allora è vero che ha censurato il regista Ronconi?
“Quello che sta accadendo è assolutamente vergognoso. Mi sono limitato a dire che era la prima volta che la politica entrava nelle cose delle tragedie greche di Siracusa, nelle vicende dell’Inda. Tutto il resto è un caso inventato”.
Ma lei l’ha detto o no che quelle grandi foto non dovevano andare in scena?
“Io ho solo risposto al regista che Berlusconi non è un tiranno. Lui mi ha replicato che però è un affarista. Io gli ho risposto ancora che Berlusconi è un uomo d’affari e non un affarista. Poi me ne sono andato, ho, lasciato la cena del prefetto”.
Dall’altra parte c’è una versione un po’ diversa di come sono andate le cose…
“Per fortuna non ero solo io sabato ma eravamo ventotto persone, le ho contate. Oltre a me e al regista Ronconi, c’erano altre ventisei persone che possono testimoniare cos’è avvenuto realmente. Spero soltanto che adesso Ronconi (Micciché parla nel tardo pomeriggio prima che al Teatro Greco vadano in scena Le Rane di Aristofane, ndr) non faccia marcia indietro. Se lo facesse sarebbe due volte meschino… Aristofane non l’avrebbe mai fatto”.
Si dice in giro che oltre alle pressioni ricevute da Ronconi ci siano state – da parte di chi non si sa – velate minacce: c’è chi parla di tecnici che devono tenere le corde dove sono appesi gli attori, qualcuno parla di un clima molto pesante…
“Chi le ha dette queste cose?”
Le abbiamo sentite in giro.
“È pazzesco… Stefania chiama il sindaco (Micciché chiede alla Prestigiacomo di rintracciare il sindaco di Siracusa Bufardeci, ndr) qui c’è un giornalista che mi sta dicendo cose assurde. Adesso io farò chiamare il ministro degli Interni e anche il capo della polizia De Gennaro”.
Ma perché li farà chiamare onorevole?
“Perché se Ronconi uccide un attore, poi vengono a chiedere spiegazioni a me. Là, al Teatro Greco adesso ci faccio mandare l’esercito per controllare tutto e tenere tutto sotto controllo. Denuncerò Ronconi per atti terroristici.”

Giuseppe Giulietti
“È la conferma che le aggressioni ai Biagi, ai Santoro, ai Benigni, ai Freccero, ai sondaggisti sgraditi, tanto per fare qualche esempio, non erano e non sono fatti isolati, ma corrispondono ad una cultura delle liste di proscrizione che ormai sta caratterizzando una parte della sedicente Casa della Libertà. Non c’è soluzione di continuità tra la “censura” fatta dal governo ad alcuni personaggi “scomodi” e l’episodio di ieri a Siracusa. Nei giorni scorsi Silvio Berlusconi ha parlato di uso criminoso delle televisioni, adesso il sottosegretario Miccichè ci parla da Siracusa di atti terroristici in teatro. Proseguendo di questo passo, quando avremo il piacere di poter ammirare l’uso della forza per sgomberare cinema, concerti e teatro? (…) Miccichè ha solo tradotto nel suo linguaggio il messaggio ‘bulgaro’ del suo capo. (…) Mi auguro che molti protagonisti del cinema, del teatro, della musica, del giornalismo vogliano raccogliere la protesta di Luca Ronconi e della compagnia e manifestare, ciascuno a suo modo la profonda indignazione contro un atto tanto inutile quanto arrogante.”

Rino Piscitello (Margherita)
“Un caso da manuale di malcostume e arroganza del potere. Con un atteggiamento da vicerè il sottosegretario Miccichè ha preferito aggredire un artista di fama internazionale come Ronconi piuttosto che occuparsi di risolvere i problemi del Sud per i quali è stato eletto in Parlamento. Un’immagine desolante di protagonismo l’episodio sia accaduto in casa del prefetto, tra lo sconcerto e l’imbarazzo generale per il comportamento di Miccichè.”

Giuliano Urbani, ministro dei Beni Clturali
“Baruffe inevitabili per un teatro che appartiene al genere comico”.

Ignazio La Russa, capogruppo di An alla Camera
“Mi hanno promosso fra i governanti, forse è un augurio. Ma per evitare tanto clamore Ronconi poteva aggiungere anche D’Alema e Rutelli”.

Roberto Calderoli, Lega Nord
“Come al solito la satira viene utilizzata a senso unico, eppure gli spettacoli di Ronconi godono di sovvenzioni pubbliche. Dubito che se al governo fosse ancora l’Ulivo il signor Ronconi avrebbe l’idea di cambiare bersagli”.

Massimo D’Alema, DS
“L’idea di un viceministro che va e dice: “Noi ti diamo i soldi e quindi devi levare le immagini” è qualcosa che ci trasporta nel clima di una dittatura da terzo mondo, che ci trasporta fuori dal consorzio dei paesi civili.”

Gianfranco Micicchè
“L’unica censura di questi anni è stata la querela di D’Alema contro Forattini.”

ADN Kronos, 20 maggio 2002Silvio Berlusconi (Presidente del Consiglio)
“Ho letto con rincrescimento che a Siracusa il dramma antico si e’ trasformato in una commedia degli equivoci. Luca Ronconi, un artista da tutti apprezzato per il suo lavoro teatrale, rimetta subito al suo posto quel ritratto di tiranno in salsa aristofanea. Certo che non mi assomiglia, ma l’arte ha diritto di scegliere, e di sbagliare, i suoi bersagli. Il governo, tutto il governo, non sa neanche cosa sia la censura. E personalmente mi preoccupa anche l’autocensura a dispetto.”.

Velina Rossa, nota parlamentare d’area ds
La dichiarazione di Berlusconi sarebbe stata provocata dal “buonsenso” della moglie Veronica, “che conosce bene il regista, con il quale ha lavorato”.

Luca Ronconi
“La scelta che io, il direttore del Piccolo, il direttore dell’Inda, abbiamo fatto di non utilizzare alcuni elementi scenografici non è stata determinata da censura. La loro eliminazione dalla scenografia è stata dettata dalla possibilità di chiassate. Sono sicuro che se il presidente del Consiglio fosse stato qui, sarebbe stato il primo a riderci sopra (…) si è creato un caso sproporzionato. Le dichiarazioni del presidente del consiglio sono state un atto civile”.
In ogni caso le tre caricature non saranno più rimontate in scena:
“Se le rimettessi, ammetterei che è stato un caso di censura o di autocensura.”

Sergio Escobar
“Beh, quella di Berlusconi mi sembra una posizione intelligente, civile, che restituisce alla vicenda una dimensione ben diversa: il presidente del Consiglio riconosce la diversità delle opinioni, il diritto alla libera circolazione delle idee…”
Ma non il suo ritratto “in salsa aristofanea”…
“E ne ha tutto il diritto, mica si può sostituire una censura con un’altra!”
Beh, prima delle Rane , Aristofane con i Cavalieri riuscì a mandare in bestia Cleone, ha presente i ritrattini del demagogo e del Salsicciaio?
“Appunto, e ci mancherebbe altro che Cleone si fosse riconosciuto! Il teatro ha il diritto di scandalizzare, di creare opinioni anche non condivise: è polis, confronto di pensieri nella città di tutti, il bello è entrare nelle contraddizioni della società con il linguaggio della poesia e senza imposizioni: è proprio la circolazione libera delle idee il valore da difendere, come mi pare riconosca Berlusconi”.
E quando parla di “autocensura a dispetto”?
“Non c’è stata nessuna autocensura né censura di sorta. Solo senso di responsabilità: lo stesso prefetto ci aveva pregato di non surriscaldare gli animi. Oddio, noi non ritenevamo che le caricature potessero essere motivo di surriscaldamenti: il discorso riguarda il potere e chi lo detiene, non le persone. In ogni caso abbiamo pensato di garantire il messaggio di Aristofane e andare in scena”.
E Micciché, “il teatro prende soldi da Berlusconi e non dovrebbe criticarlo?”
“Ecco, questo è inaccettabile, una correlazione che si commenta da sé. Ha ragione Cordelli: sono soldi dei contribuenti, Stato e governo sono due cose distinte. Del resto mi pare implicito in ciò che ha detto Berlusconi”.
Tutti i posti del nuovo consiglio d’amministrazione sono andati al Polo, c’entra?
“Ma no, non c’è nessuna relazione, non credo ai complotti. Piuttosto mi amareggia che sia passato in secondo piano il successo di questi tre giorni, il teatro pieno di ragazzi entusiasti per Eschilo, Euripide, Aristofane… Le parole di Berlusconi premiano il diritto del pubblico. E mostrano la differenza fra la tolleranza, concessa finché non si dà fastidio, e la libera circolazione delle idee che non ha limiti”.

Gianfranco Micicchè
“Sono stato io, la sera dello scontro con Ronconi, a chiamare il presidente Berlusconi. Stessa linea: “Lasciamoli perdere, restino nel loro brodo”. (…) È andata bene così, abbiamo realizzato miliardi di pubblicità gratuita per il Teatro di Siracusa che ne ha tanto bisogno: facciamo finta che abbiamo litigato apposta.”

Stefania Prestigiacomo
“Una provocazione politica bella e buona. Ma ora basta. Ronconi è intelligentissimo, ha ammesso che non c’è stata censura. Il premier ha ragione, rappresenta tutto il governo.. Gli “scavalcati” sono quelli di sinistra: volevano usare Ronconi, ma lui li ha bloccati.”

Curzio Maltese, “la Repubblica”
“Penosa e ridicola era già la censura del Micicchè, il piccolo viceré siciliano del premier. Ancor più penoso e ridicolo, oltre l’apparenza liberale, è il comunicato con il quale Berlusconi, travestito anche nella retorica magniloquente da novello Re Sole, concede il “permesso” a Ronconi di satireggiare con la sua sacra immagine. Ma più penoso di tutto è il breve e commosso ringraziamento di Ronconi e Escobar a sua maestà per il gesto di alta “intelligenza e civiltà”. (…) In Italia è ormai proibito parlare di “regime” (come accade soltanto durante i regimi). Ma come chiamare un paese dove una pièce teatrale ha bisogno del visto personale del premier per andare in scena? Dove i ministri, invece di pensare ai conti pubblici, fanno a gara per restaurare il Minculpop? E perché il mondo della cultura, l’opinione pubblica, il giornalismo non reagiscono, tranne qualche eccezione, con la forza con cui reagirebbe la cultura di qualsiasi altra nazione libera, governata dalla destra o dalla sinistra? ”

Gianfranco Capitta, “il manifesto”
“Non è chiaro quanto il regista abbia ceduto personalmente all’intimidazione, e quanto abbia dovuto uniformarsi alle scelte degli altri dirigenti del Piccolo Teatro e dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico, accomunati nella produzione.
Certo non si può non notare che entrambi gli enti sono attualmente in stato di “sofferenza” politica. All’Inda sono in scadenza il presidente Walter Le Moli e tutti gli organismi, scientifici e organizzativi. Al Piccolo è stato lo stesso direttore Sergio Escobar, la settimana scorsa, a denunciare la situazione anomala per cui è stata eliminata dal consiglio di amministrazione ogni presenza dell’opposizione, e la totalità dei suoi membri sono in quota al Polo, cosa mai successa nella istituzione milanese, e certo sintomo di una situazione non sana.
Non si può non tener conto di questi due fatti, davanti al bombardamento cui la politica e la Casa delle libertà hanno sottoposto uno spettacolo e il suo autore. Stupisce semmai che da parte dell’Inda e del Piccolo, e dello stesso Ronconi, quelle “avances” siano state accettate, per ragioni di “opportunità” di andare in scena che oggi suonano, civilmente, stonate. Anche perché molti tra gli attori sostenevano di non volere accettare la decisione, e i tecnici volevano a loro volta scendere in sciopero. Uno di loro, come nella favola dei vestiti dell’imperatore, diceva con molta emozione che non sarebbe stato in grado di raccontare l’esperienza al proprio figlio. Il regista se ne è andato all’inizio dello spettacolo, gli attori sono usciti a ringraziare (avevano minacciato di non farlo) mentre Anna Maria Guarnieri indicava le cornici vuote. Unico dissenso vero quello del coro dei giovani allievi dell’Inda, che non sono voluti uscire per protesta.
Ora tutto quanto sembra rientrare: Berlusconi fa il suo ennesimo, goliardico calembour; l’Inda, a più di 24 ore dallo spettacolo, si guarda bene dal pronunciarsi; Ronconi si ritrova assieme al suo direttore Escobar addirittura a “ringraziare” Berlusconi per la libertà che torna a essere concessa agli artisti, almeno nello stretto recinto del teatro, meglio ancora se classico. Non si capisce per quale opportunità o meno visibile pressione il regista rinunci al dolore del giorno prima e alla solidarietà che aveva suscitato non solo tra attori, tecnici e stampa, ma anche in meno scontati campi politici avversi.
Resta lo sgomento e anche la paura dello spettatore: se uno o più politici possono intimidire un regista universalmente acclamato come Luca Ronconi e un’istituzione riconosciuta a livello internazionale (come cosmopolita era molto del pubblico presente) cosa potrà succedere a un artista più giovane e “indifeso”? Sarà fatto a polpette come il pesce spada a Palermo? Evidentemente il discorso è tutto da ricominciare, da parte del “potere” che ritiene impresentabile in pubblico la propria faccia (tranne che al Bagaglino), e da parte degli artisti cui si prospettano tempi grami, se non il più codino ossequio o la sparizione.”

Marcello Veneziani, “il Giornale”
“Da duemila e cinquecento anni la cultura temeva l’avvento al potere di Silvio Berlusconi. (…) Non so cosa sia meglio tra l’oblio della cultura classica e l’uso cafone che ne fate. Se fossi un antico preferirei l’ignoranza dei posteri, pur deprecabile, all’arroganza di usare un classico per amplificare una pernacchia.”

Oliviero_Ponte_di_Pino




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