Libri & altro: Eduardo l’autore, capocomico, attore

Tre saggi su Eduardo De Filippo

Pubblicato il 08/01/2005 / di / ateatro n. 079

L’’attenzione storico-critica per il teatro di Eduardo De Filippo rappresenta per quantità e qualità un’’eccezione nella nostra cultura teatrale. Alla «Memoria di Eduardo» è dedicata addirittura una collana di Bulzoni (o meglio, una sottocollana della Biblioteca Teatrale), curata da Agostino Lombardo e Ferruccio Marotti e sostenuta dall’Università di Roma «La Sapienza» e dal Ministero dei Beni Culturali.
I primi tre titoli affrontano aspetti molto diversi dell’attività del maestro napoletano. Come a concerto. Il Teatro Umoristico nelle scene degli anni Trenta di Antonella Ottai ricostruisce l’affermazione su scala nazionale di una compagnia dialettale come quella napoletanissima di Eduardo, Peppino e Titina: il racconto mette dunque in primo piano le scelte di repertorio e i rapporti con gli autori, innanzitutto Pirandello a Bontempelli, ma anche Lucio D’Ambra e Gino Rocca. Emergono così le strategie insieme commerciali e culturali con cui la giovane compagnia conquistò il pubblico di tutta Italia.
O capitano, mio capitano! Eduardo maestro di drammaturgia di Maria Letizia Compatangelo si concentra invece sulla Scuola di Drammaturgia che Eduardo – che all’epoca aveva già più di ottant’anni – tenne all’Università di Roma su invito di Ferruccio Marotti dal 1981 per tre anni, e di cui l’autrice fu allieva. Le lezioni di Eduardo alla Sapienza – «primo professore scritturato dell’Università italiana» – furono per l’epoca un vero e proprio evento, accolto con entusiasmo dagli studenti ma giudicato con qualche severità dai docenti vecchia maniera: «questo “incontro con un uomo straordinario”», ricorda nella sua Prefazione lo stesso Marotti, «è stato mal interpretato da taluni, che hanno creduto di dover smascherare le losche trame di un accademico reo di aver portato un “autore popolare” a insegnare all’università, rilevando come in realtà siano una pura banalità le idee e le affermazioni di Eduardo a lezione, che a me e ai miei studenti erano parse illuminanti – ricordo, ad esempio, quando spiegò che “l’attore, quando entra in scena, viene da lontano, sempre”». Maria Letizia Compatangelo racconta il corso di Eduardo – peraltro già ricco di bibliografia – in prima persona, come un romanzo di formazione, e facendo scoprire un uomo di teatro molto diverso dall’Eduardo duro e difficile di molta pubblicistica.
In Eduardo dietro le quinte. Un capocomico-impresario attraverso cinquant’anni di storia, censura e sovvenzioni (1920-1970) Maria Procino Santarelli affronta invece la parabola di Eduardo in una prospettiva insolita. Dopo aver collaborato con lui ed essersi a lungo occupata del suoi archivio (o meglio di alcuni degli archivi disseminati e ordinati in varie sedi, come si scopre da una delle appendici del volume), usa la corrispondenza e i documenti amministrativi come filo conduttore di una vicenda dai risvolti artistici, politici, amministrativi, imprenditoriali, organizzativi… I capitoli che ripercorrono questo mezzo secolo sono scanditi in tre sezioni. Prima una sintetica ricostruzione della situazione politico-culturale dell’Italia in quel momento storico, poi un’analisi della situazione del teatro e infine le scelte del capocomico e impresario Eduardo di fronte alle varie situazioni: dai rapporti con il regime fascista e i suoi censori più o meno comprensivi (ma Eduardo ebbe problemi anche nell’Italia post-fascista) alla difficile e costosa avventura del Teatro San Ferdinando, dalla sfortunata joint-venture con Paolo Grassi e il Piccolo Teatro di Milano alla vergognosa vicenda della direzione dello Stabile di Napoli, un miserabile capolavoro di ipocrisia italiana di piccolo cabotaggio – e un intrico che in qualche modo riverbera ancora sul Mercadante-Stabile di Napoli. Da un lato emerge tutto quello che Eduardo ha fatto, tra mille difficoltà; dall’altro si capisce quello che avrebbe voluto e potuto fare, se avesse trovato un paese – e una città – in grado di valorizzare le sue qualità. Anche se evidentemente nel nostro teatro la coerenza e la fedeltà ai propri principi difficilmente paga. A un amico che gli chiedeva di cedere al compromesso per salvare il progetto, Eduardo rispondeva:

«L’ambiguità non può portare ad altro che a confusione, e confusione a Napoli ce n’è già tanta. Quello che a me interessa è fare il mio mestiere e cioè fare del teatro. Se accetto dei compromessi, teatro come dico io, come lo intendo io, non ne potrei fare, e sarei costretto a diventare un politicante che si barcamena tra le varie correnti; questo francamente non mi interessa […] Lo statuto [dello stabile napoletano, n.d.r.] che avevo elaborato dopo lunga riflessione, con l’assistenza dei miei legali e della commissione, mi dava garanzie sufficienti di poter lavorare con serietà, di poter estromettere i ladri e i profittatori, e perciò di poter finalmente creare a Napoli un teatro degno di un popolo civile. Come lei vede il mio proposito sta per fallire e io non posso farci niente.» (Lettera di Eduardo De Filippo a Domenico Petrocelli, Roma, 15 giugno 1965)

Eduardo dietro le quinte spazia insomma dai grandi nodi della politica culturale di quegli anni alla minuta attività quotidiana di una compagnia capocomicale, con tutte le sue difficoltà ma anche con l’ingegno imprenditoriale di un artista che sapeva anche essere ottimo amministratore e uomo di marketing – salvo rischiare di essere travolto dai debiti dal sogno di ogni teatrante, quello di avere un «suo» teatro. Ovviamente è solo un primo sguardo su un materiale molto più ampio, ma è anche una prospettiva affascinante per interpretare l’evoluzione di una compagnia (e di un artista). A conferma di questo fascino, in appendice sono raccolte alcune brevi interviste-conversazioni con alcuni dei collaboratori di Eduardo – quelli che lavoravano dietro le quinte, direttori di scena, sarte, amministratori… Sono squarci sulla materialità del teatro – di un teatro che non c’è più, probabilmente – e sulla capacità di mantenere viva e rinnovare la tradizione. Attraverso una serie di aneddoti, queste testimonianze offrono un ritratto spesso toccante di una personalità certo difficile e complessa. Tra tutte, assai toccante nella sua sintetica immediatezza è la voce di Anna Troiano, l’ultima sarta della compagnia. A un certo punto, racconta, Eduardo la chiamò vicino alla sua gatta.

«”Vuo vedè na cosa?” Pallina era lì, lui iniziò ad imitare il miagolio dei gatti e Pallina gli rispondeva, gli faceva il verso a tal punto che io dissi: “Direttò, non è possibile, voi fate recitare pure i mobili”.» (p. 244).

Maria Letizia Compatangelo, O capitano, mio capitano! Eduardo maestro di drammaturgia, Bulzoni, Roma, 2002, 340 pagine, 25,00 euro.

Antonella Ottai, Come a concerto. Il Teatro Umoristico nelle scene degli anni Trenta, Bulzoni, Roma, 2002, 360 pagine, 25,00 euro.

Maria Procino Santarelli, Eduardo dietro le quinte. Un capocomico-impresario attraverso cinquant’anni di storia, censura e sovvenzioni (1920-1970), Bulzoni, Roma, 2003, 344 pagine, 25 euro.

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