Elezioni senza promesse

La cultura e lo spettacolo dal vivo nella campagna elettorale

Pubblicato il 16/03/2008 / di / ateatro n. 116

Non so se provare rimpianto per quell’’epoca così vicina, in cui sotto elezioni si raccoglievano impegni. Ancora due anni fa, i programmi degli schieramenti – tutti – cercavano in qualche modo di rispondere ai gridi di dolore del teatro. Raccogliere materiali e dichiarazioni – limitatamente alle arti performative – per “Hystrio” e per www.ateatro.it – era costato, allora, ad Anna Chiara e a me, parecchi giorni di lavoro e parecchie pagine per raccontarlo: oggi è possibile sintetizzare in mezza paginetta gli accenni a cultura e spettacolo e le poche indicazioni specifiche dei programmi. Certo, non mancherà qua e là qualche iniziativa in campagna elettorale, ma questo è il punto di partenza. Programmi e intenti, indicavano allora, due anni fa, alcuni obiettivi, prendevano impegni, si lanciavano in qualche promessa (anche se pochi si erano illusi, credo, che sarebbero state del tutto mantenute). La genericità che ha guidato la definizione dei programmi politici in questo appuntamento elettorale, in tutti i campi (e che la fretta ha reso del resto inevitabile), ha determinato un diverso stile nella scelta dei temi e delle priorità.e portato a dimenticare -o quasi- il settore. Il suo scarso peso specifico economico ed elettorale ne ha fatto passare in secondo piano la conclamata “centralità”, la “rilevanza internazionale”, anche – se non qua e là dove il podio lo richiede – “il collegamento col turismo”, le “ricadute economiche”. Nessuno si perde in retoriche sulla bellezza, pochi sull’’identità, al massimo sul made in Italy sommerso dalla spazzatura napoletana (indubbiamente più vistosa delle evasioni fiscali). Niente (o quasi) Non mancano per la verità passaggi su cui meditare, allarmarsi o tranquillizzarsi: a piacer vostro. Se da un lato può incoraggiare la riforma “dell’’intero sistema culturale” ispirata a una “concezione vitale e non burocratica della cultura” che è nelle intenzioni del PD, Veltroni certo non ignora che il richiamo all’’imprenditorialità è sempre un’arma a doppio taglio (e significa quello che vuole chi ha in mano l’arma). Anche sul primato (di fatto) del cinema –non nuovo nella storia d’Italia- le valutazioni potrebbero essere controverse. Quasi anche per quanto riguarda la CDL: cosa saranno – in concreto intendo: dove, come, quando, quanto – quelle cittadelle della cultura e della ricerca? La coalizione di centro destra è anche la sola che richiama esplicitamente la necessità di una legge di settore (anche se i tagli drastici al FUS del Governo Berlusconi e la particolare avversione allo spettacolo dei ministri finanziari non autorizzano ottimismo). Di fronte a questa genericità, e ai silenzi non solo della destra, ma anche della Sinistra Arcobaleno, ha senso ricordare problemi e priorità? Ci sono generazioni di teatranti – organizzatori soprattutto ma non solo – che hanno dedicato o perso le loro energie migliori nelle anticamere di ministeri e enti, altri non nutrono più – se mai hanno nutrito – alcuna illusione rispetto al rapporto teatro-politica. www.ateatro.it, con i suoi pochi mezzi, attraverso servizi e soprattutto con le “Buone Pratiche”, ha assieme invitato a sperimentare terreni di lavoro organizzativo-progettuale esterni alla sfera istituzionale e cercato di analizzare, a volte denunciare, sollecitare “la politica”. Nell’ultimo incontro BP era emersa con chiarezza la necessità di informare chi ha responsabilità parlamentari. Forse anche per questa scadenza elettorale ha senso ricordare problemi e priorità, e, dopo, sarà temo molto importante moltiplicare le sedi di discussione, denuncia, elaborazione. Bastano poche parole chiave per ricordare le emergenze e le priorità messe a fuoco recentemente da ateatro. (l’ordine è personale ma non casuale). TRASPARENZA Penso non solo all’alchemica gestione del FUS, ad ARCUS, da brillante idea a cassa per emergenze ed “eventi” (che non si è evidente voluto riformare), agli interventi diretti del Ministero, alla destinazione del 4 per 1000 e dei fondi lotto, alle commissioni consultive statali (cioè alla loro impossibilità di operare), ai superpoteri del direttore generale, alla modalità di rapporto stato-regioni rispetto ai finanziamenti (oggi le regioni sono chiamate ad esprimere pareri, ma non sono chiare le modalità che ciascuna dovrà adottare e non si sa quanto siano rilevanti), alla ignoranza e irrilevanza del parlamento rispetto ai temi dello spettacolo etc. RISORSE L’adeguamento del FUS (su cui il Governo uscente ha mantenuto le sue promesse), è del tutto insufficiente (siamo comunque al -45% crica rispetto all’85 in termini reali). E certo il FUS è ormai uno strumento discutibile (ma attenzione alle abolizioni affrettate). E’valido il famoso obiettivo dell’1% (condiviso nelle ultime elezioni dall’Unione ma anche, ad esempio, da AN e sempre che ci si accordi su come calcolarlo) Come si intende stimolare l’interveto delle regioni e degli EL (i più penalizzati dal calo della spesa pubblica)? O sollecitare l’interveto privato? E il famoso patto Stato/regioni (l’ultima delusione), resterà quell’una tantum di nessuna rilevanza strutturale o c’è ancora la possibilità di dargli un senso? RINNOVAMENTO Penso al problema della qualificazione e dell’accesso delle nuove generazioni al lavoro e a molto che con buona volontà si fa dappertutto senza che finisca con l’incidere sul sistema. Ma anche alla necessità di nuove griglie per riformare i teatri stabili (non basta qualche cambio di direzione –anche se significativo- per rilanciare questi soggetti). E le istituzioni in genere: i circuiti regionali ad esempio), i teatri comunali, per cui urge migliorare la qualità di gestione. Penso all’opportunità di individuare nuovi modelli: spazi per la contemporaneità per esempio (anche come evoluzione dell’area della stabilità), o le diverse forme di residenza. Penso al lavoro, all’urgenza di aggiornare e rimeditare i CCNL e riformare gli enti previdenziali. RIFORME Non sarà certo (solo) la famosa e famigerata legge che non arriva a risolvere tutto questo. Anche se la legge (ma nessuna delle bozze che girano secondo me), dovrebbe finalmente darci il quadro di competenze confuse. E’un insieme di volontà e di atti che dovrebbe rimettere al centro vocazioni artistiche, missioni sociali (accesso, periferia, disagio), dimensioni e specificità economiche, ripulendo il modo di pensare degli stessi ambienti del teatro (e da chi nei palazzi se ne occupa), dalla incrostazioni e dai vincoli dei decreti e delle prassi. Pochi atti, qualche decreto: non sarebbe difficile.

Mimma_Gallina

2008-03-16T00:00:00




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