#Sicilia2018 | Le soluzioni immaginarie del Piccolo Teatro Patafisico

Con il bando del Minimo Teatro Festival

Pubblicato il 25/03/2018 / di / ateatro n. 165

È scaduto da poche settimane il bando di selezione per l’ottava edizione del Minimo Teatro Festival, appuntamento annuale del Piccolo Teatro Patafisico di Palermo. L’evento nasce in collaborazione con la compagnia M’Arte, diARiA e il Teatro Libero di Palermo. Rossella Pizzuto e Laura Scavuzzo sono alla direzione artistica di questa manifestazione che accoglie giovani compagnie emergenti provenienti da tutta Italia e non solo. In questa intervista ci raccontano le tappe fondamentali di questa avventura “patafisica” che ha visto negli anni il coinvolgimento di artisti internazionali, misurarsi con allievi per esperienze laboratoriali, in maratone teatrali. La sede del Patafisico si trova attualmente negli spazi inclusivi dell’ex manicomio palermitano di via La Loggia, oltre a ospitare periodiche cene patafisiche con dessert alla “merdra”, è anche coinvolto in coproduzioni con attive realtà off e accoglie una frequentatissima stagione per bambini.

 

“Eoika” MTF Edizione 2017 foto di Giuseppe Mazzola

 
Come nasce l’idea di un festival di corti teatrali e come rispondono gli artisti?

Il MTF è parte integrante del lavoro del Piccolo Teatro Patafisico che dalla sua nascita esiste per dare spazio al teatro, ai lavori in studio, alle sperimentazioni e da qualche anno anche alla danza; MTF è la nostra “soluzione immaginaria” – per usare un’espressione di Alfred Jarry – per rispondere ai limiti di budget, di spazio, di risorse che spesso il teatro si trova ad affrontare. Abbiamo scelto i corti teatrali proprio perché sono il formato che più si presta alle sperimentazioni e perché rendono possibile al pubblico la fruizione di diversi lavori, afferenti a generi, stili e linguaggi differenti, così da avere una panoramica su un pezzo della scena emergente contemporanea. Gli artisti apprezzano molto la possibilità che il MTF offre loro, sia in termini di spazio per sperimentare e testare nuove idee, che poi come supporto alla produzione e volano per la distribuzione. Il Festival è iniziativa pressoché unica nel suo genere per quanto riguarda il territorio siciliano. Il MTF negli ultimi anni ha avuto grandi riconoscimenti da parte della città di Palermo e della Regione, sia in termini di pubblico che di partecipazione degli artisti. Per gli artisti siciliani è importante avere un’occasione di crescita e visibilità sul proprio territorio, come è importante confrontarsi con gli artisti del resto d’Italia. Per due settimane Palermo diventa ombelico del mondo del teatro off, capace di concentrare compagnie, artisti, critici in un territorio di confine, di periferia, di eccezione. Il PTP, attraverso il Festival, offre sostegno alle nuove produzioni sia in termini di contatti e circuitazione che in termini economici attraverso il premio che il vincitore riceve come sostegno alla produzione.

Questa è l’ottava edizione, ce n’è una alla quale siete particolarmente legati e perché?

La prima ovviamente per motivi che semplicemente si possono immaginare e per motivi simili la quarta: prima edizione realizzata nel nuovo spazio dentro l’ex manicomio di via Gaetano La Loggia, più posti da riempire, più artisti da tutta Italia da accogliere. È stato un anno importante, di passaggio: abbiamo sperimentato per la prima volta anche l’accoglienza degli artisti in un residence per favorire la conoscenza e lo scambio tra loro e da qui è venuta fuori l’idea di legare al Festival sempre anche un importante momento di formazione per gli artisti. Quest’anno avremo una tappa del laboratorio Trilogia del Ridere, condotto da Micheline Vandepoel.

Come avviene la scelta della giuria e perché quest’anno non sono presenti nomi femminili tra i giurati? E come agisce quest’ultima a partire dal lancio del bando?

Scegliamo i giurati cercando sempre di costruire una Giuria che, oltre ovviamente a fare benissimo il proprio lavoro di giuria, possa essere “utile” agli artisti in termini di feedback sui propri lavori e anche in termini di contatti per future occasioni di produzione e distribuzione. Tra i giurati c’è di solito sempre chi si occupa di critica e scrive di teatro, chi lavora nella costruzione degli spettacoli (regista, coreografo/a, drammaturgo/a, attore/trice) e chi lavora nella produzione o organizzazione culturale. Spesso le figure anche si sovrappongono. Membro fisso in giuria, e consulente ormai da anni del Festival, è Giuseppe Cutino regista che ha esperienza nei diversi ruoli sopra citati e in più nell’ambito della formazione, vice direttore della Scuola dei Mestieri dello Spettacolo del Teatro Biondo di Palermo. Altro membro permanente da tre anni ormai è Luca Mazzone regista e direttore artistico del Teatro Libero di Palermo, partner del Festival. A parte la direzione del Patafisico, quest’anno non ci sono altri nomi femminili in giuria. Si tratta di una combinazione sulla base delle disponibilità di quest’anno. D’altra parte l’anno passato tutti i membri esterni della Giuria erano donne (Paola Tripoli, Rubidori Manshaft, Filippa Ilardo). La giuria è informata via via dello sviluppo del Festival ma diviene parte attiva solo nel momento del Festival, durante il quale vede per la prima volta i lavori selezionati.

Tra i nomi dei vincitori delle passate edizioni ricorre quello di Lorenzo Covello, artista innegabilmente capace, non credete sia opportuno stabilire dei parametri più rigidi nelle selezioni, quali scelte vengono operate?

È vero, Lorenzo Covello ha vinto due edizioni del Festival, non ci sono limitazioni in tal senso e non intendiamo metterne al momento. I lavori, di cui Lorenzo faceva parte, erano molto differenti tra loro, parlano linguaggi diversi e sono stati sviluppati con differenti compagni di viaggio in differenti contesti geografici. Sarebbe stato un peccato non conoscere il lavoro con Zoe Bernabeu sviluppato a Dublino tra la scrittura drammaturgica e la pratica scenica. Entrambi i due lavori in questione erano fortemente ibridizzati, l’uno con il circo e la giocoleria e il secondo con la danza, probabilmente è stata questa componente ha colpire di più le giurie, segno che il linguaggio teatrale cerca di esprimersi con sfumature sempre diverse.

 

 




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InformazioniVincenza Di Vita

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